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L'agenda strategica dell'area della Valle Brembana e della Valtellina di Morbegno

gavel 62 comuni

groups_2 87.020 abitanti

Chiusura documento: 12/09/2024

Indice sezioni:

Le aree interne lombarde costituiscono un mosaico territoriale fatto di diversità produttiva, culturale, sociale, ambientale, paesaggistica. La forte diversificazione produttiva, in particolare, è uno dei fattori che ne qualifica la diversità territoriale: nelle aree interne lombarde si praticano, nello spazio di pochi chilometri, l’agricoltura di montagna, l’artigianato e la manifattura, la ricreazione ed il turismo.

Oggi queste aree si trovano di fronte a una varietà di punti di rottura, che segnalano la necessità di ripensare e ri-orientare la propria traiettoria in direzione di un futuro più desiderabile perché più giusto e sostenibile, e quindi più abitabile. Crisi correnti, crescenti e fra loro intimamente connesse, quali quelle che manifestano l’avanzare del cambiamento climatico – la siccità o lo scioglimento dei ghiacciai alpini - oppure quelle che manifestano la crisi del modello di sviluppo ereditato – lo spopolamento di alcune porzioni del territorio o il declino di alcuni settori produttivi - indicano la necessità per gli attori locali di riconoscere tali punti di rottura, e di renderli oggetto di intervento e soprattutto di progetto.

Tale progetto, per rivelarsi efficace, non può che muovere dal riconoscimento della diversità di ogni territorio. Diversità che va difesa, sviluppata e proiettata nel futuro in alternativa a qualsiasi monocultura economica e territoriale che, come tale, in un mondo sempre più interdipendente è fonte di rischi crescenti. Pur in un quadro difficile, ogni territorio può e deve cercare il proprio percorso, che non sia il replicare modelli altri e che definisca le condizioni e le forme di una prosperità possibile.

Le aree interne lombarde continuano, in gran parte, a essere capaci di trattenere quote significative di popolazione. Tuttavia, sappiamo che al loro interno questa va polarizzandosi, nelle valli come nei centri maggiori. Per correggere questi squilibri e migliorare le condizioni concrete di abitabilità sia per chi già ci vive – e in particolare i più fragili - sia fra chi vorrebbe poterci vivere è sempre più necessaria una diversa organizzazione territoriale. Questo significa operare – soprattutto attraverso una nuova politica dei servizi e della casa - per stabilizzare, se non aumentare, la popolazione dove ve ne siano condizioni e possibilità, ed egualmente progettare nel tempo medio un futuro e delle vocazioni diversi dove tali condizioni e possibilità non sono presenti.

Le aree interne lombarde sono innervate da saperi e conoscenze diffusi, alcuni ancora vitali, alcuni in declino e altri ancora da creare e far rinascere perché necessari per il futuro. Questi saperi sono di frequente diffusi e riprodotti da importanti istituti di formazione e istruzione, altre volte da altri attori locali e dal sistema sociale nel suo complesso. Tuttavia, tali saperi e tali conoscenze non riescono ad arrivare all’insieme della popolazione, determinando così l’esclusione di alcuni gruppi sociali, né sono sempre sufficienti a rispondere alle aspettative delle giovani generazioni che si trovano a non poter proseguire in queste aree i propri progetti di vita, sia che vi siano nati sia che vogliano venire da altrove.

Le aree interne lombarde sono attraversate da una straordinaria biodiversità senza la quale gli equilibri ambientali dell’intera regione sarebbero ancora più precari, e il suo futuro ancora più a rischio. Come ancora più precaria sarebbe sia la capacità del suo territorio di contribuire alla mitigazione del cambiamento climatico sia quella di adattarvisi. La scelta della tutela della biodiversità impone, come proposto dalla Commissione Europea, un “necessario cambiamento radicale” che non è più rinviabile. E che vede le aree interne lombarde in una posizione di forza rispetto alle aree urbane, ma anche di fragilità, se non le si dedicano la cura e l’attenzione sempre più necessarie.

Per conseguire questo futuro più desiderabile non basteranno le azioni locali alla scala di ogni singola area. Pur nella loro diversità, tali aree dovranno imparare a parlarsi e cooperare. Come dovranno ridefinire il proprio rapporto con le grandi aree urbane della regione, non per replicarne i modelli, ma per costruire una nuova relazione, fondata su una nuova interdipendenza. Inoltre, politiche pubbliche a tutti le scale, da quelle delle aree metropolitane a quelle nazionali, dovranno trasformarsi ed evolvere, sia per ridurre drasticamente i loro impatti negativi sulla traiettoria di queste aree, sia per lasciare che sviluppino, viceversa, le loro potenzialità. In questo quadro pur complesso, gli attori locali possono giocare un ruolo decisivo, e la costruzione di una strategia territoriale è da questo punto di vista un’occasione preziosa. Senza una più forte cooperazione fra tali attori ed una più forte integrazione delle politiche e dei progetti tale promessa rimarrà tuttavia disattesa: le aspettative delle nuove generazioni come lo spopolamento, la biodiversità come gli impatti del cambiamento climatico, non conoscono né tollerano confini comunali.

Questa agenda è stata redatta sulla base di una varietà di operazioni di ricerca - in particolare la redazione del ritratto territoriale della Valle Brembana e Valtellina di Morbegno a cura del gruppo di lavoro del Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano - e di quanto emerso dai due workshop con gli attori locali. I due incontri sono stati realizzati in collaborazione tra il gruppo di lavoro del Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano e gli uffici regionali. Il primo incontro – svoltosi a Zogno l’8 maggio 2023 - ha avuto come obiettivo quello di una migliore definizione dei problemi, delle risorse e delle politiche e iniziative in corso nella Valle. Il secondo incontro – svoltosi a Morbegno il 5 giugno 2023 - ha avuto come obiettivo quello della individuazione di obiettivi e progetti della futura strategia. Coerentemente, il testo è organizzato in due parti: la prima presenta la traiettoria attuale dell’area e i rischi verso i quali la valle va incontro in assenza di nuovi e diversi interventi, la seconda presenta invece la traiettoria desiderabile articolata in tre possibili corsi d’azione per conseguirla.

L’agenda intende quindi restituire a chi opera sul territorio una visione possibile e alcuni modi per realizzarla. Si tratta di uno testo aperto, non esaustivo, che intende proporsi come strumento per il prosieguo del percorso di elaborazione della strategia d’area da parte degli attori locali.

La traiettoria attuale

Indice sottosezioni:

1.1 Problemi, risorse locali, rischi esogeni ed endogeni

L’area interna raggruppa la Valle Brembana e la zona di Morbegno in Valtellina, uniti dal Passo di San Marco a quota 1.992 m s.l.m., territori perpendicolari tra loro e contrassegnati dalla presenza delle Orobie. Si tratta di un’area molto vasta, che coinvolge più di 60 Comuni per un totale di oltre 97.000 abitanti.

L’area è caratterizzata da un assai consistente processo di invecchiamento. Non è un caso se in Valle Brembana l’indice di vecchiaia sia il più alto della Provincia e della Regione. La popolazione anziana si concentra nelle aree di alta valle, con percentuali che superano il 25%. Tale popolazione deve essere perlopiù sostenuta dai giovani, dal momento che il welfare pubblico è debole. Tuttavia, dopo il Covid-19, anche le fasce di età più giovani sembrano essere sempre meno resilienti e mostrano gravi disagi e problematiche, con numerosi episodi di autosegregazione. A riguardo, è importante anche ricordare che il numero di minori si sta riducendo: per esempio, nella Provincia di Sondrio ha avuto un calo del -5,93%, il più ampio tra quelli registrati nelle province lombarde. In entrambe le aree, nelle vallate laterali e in alta valle, gli anziani – che spesso vivono soli –, i disabili e le persone non autonome negli spostamenti (fra cui i giovani) vivono spesso condizioni di isolamento per la difficile accessibilità ai servizi essenziali e l’assenza di servizi di prossimità, come le farmacie. È nei fondivalle, infatti, che si concentrano l’urbanizzazione, le dotazioni di servizi, il commercio e l’industria, tanto in Valtellina di Morbegno, quanto in media e bassa Valle Brembana. La carenza di servizi e di attività impatta non solo sui residenti, ma anche sui turisti, che sono scoraggiati a frequentare un’area priva di dotazioni, soprattutto sanitarie. Oltre ai servizi, nelle aree più marginali anche gli spazi commerciali (che spesso rappresentano l’unico presidio e luogo di socializzazione) sono assenti o in contrazione.

Per questo, la scarsa offerta di trasporto pubblico tra fondovalle e alta valle è una problematica molto sentita, specie le fasce deboli e svantaggiate, prive di un mezzo proprio e quindi private spesso del diritto al lavoro. A fronte di ciò, si evidenzia come l’attuale servizio TPL sia poco efficiente, anche per un bacino di utenza insufficiente a garantire un servizio migliore. Simili criticità riguardano anche la ferrovia della Valtellina, poco competitiva con l’auto per i tempi lunghi (un’ora e quaranta per raggiungere Milano da Morbegno) e le frequenti interruzioni. In questo senso, è difficile disincentivare l’uso del mezzo privato per i residenti e promuovere un turismo più sostenibile, anche perché il TPL è ancora più limitato nei fine settimana e in estate. Un’altra carenza rilevante, nonché elemento centrale per sostenere lo sviluppo locale, riguarda la connettività e la diffusione della banda larga sul territorio, soprattutto nelle aree più marginali.

Sul fronte dell’istruzione, si segnala, innanzitutto, la carenza di asili nido in alta valle e la bassa efficienza dell’infrastruttura scolastica, che spesso è organizzata per plessi di piccole dimensioni. Secondo gli attori locali, è anche a causa delle lunghe distanze e della mancanza di TPL che si assiste a un aumento della dispersione scolastica, così come del fenomeno dei NEET, ovvero i giovani che restano sul territorio senza essere impegnati né in una occupazione, né in un’attività formativa. D’altro canto, le proposte formative professionalizzanti (IFTS e ITS), pur presenti, non incontrano un reale interesse. Eppure, la difficoltà nel reperire personale, formato o da formare, rappresenta un problema ormai strutturale in tutti i settori economici locali. Ciò si evidenzia soprattutto in alta valle, dove ci sono pochi abitanti e dove la carenza di servizi e TPL aggrava i processi di spopolamento. In generale, la perdita di popolazione giovanile è un dato drammatico. Da segnalare, inoltre, la forte competizione tra Valtellina di Morbegno e Svizzera, che attrae lavoratori per le migliori condizioni salariali. La mancanza di personale è particolarmente critica nei settori sociosanitario ed educativo, anche perché si tratta di impieghi faticosi e poco riconosciuti, socialmente ed economicamente. In Valle Brembana e Valtellina di Morbegno, nonostante le buone strutture ospedaliere presenti e alcune importanti sperimentazioni, come l’Ospedale di Comunità, è difficile reperire medici, infermieri, assistenti sociali. Ciò vale anche per il Terzo settore, sottodimensionato sul fronte degli operatori e quindi spesso in difficoltà a garantire l’erogazione dei servizi richiesti. Per quanto riguarda i giovani, mancano spazi di aggregazione e gli educatori che dovrebbero animarli. Anche nel caso del TPL, la carenza di personale (in particolare autisti) ha già fatto ridurre il servizio in alcune località dell’area. Da segnalare, inoltre, le difficoltà incontrate dal mondo del volontariato in termini di partecipazione e ricambio generazionale, specie dopo il Covid-19.

Nel percorso locale diversi amministratori hanno poi lamentato il fatto che in passato (ma spesso ancora oggi) le politiche di sviluppo territoriale hanno rivolto maggiore attenzione alle infrastrutture e alle dotazioni fisiche, rispetto alle persone, che sono la risorsa principale per la vitalità di un luogo. Altro punto critico riguarda la frammentazione amministrativa e la mancanza di programmazione d’ambito sui servizi, ad esempio sui servizi 0-3 e i centri estivi per bambini e ragazzi, che potrebbe, invece, portare a razionalizzazioni e migliorare l’offerta.

Con riferimento alle attività economiche, benché il maggior numero di occupati dell’area riguardi i comparti manifatturiero, delle costruzioni e del commercio, si segnalano la crescita degli addetti nei settori della ricezione alberghiera e della ristorazione (turismo), sebbene spesso con forme di lavoro precarie e stagionali, e una rilevante componente agro-alimentare, che rappresenta un elemento identitario importante di attrattività per l’area. Le produzioni agro-alimentari locali sono rilevanti ma spesso poco valorizzate, specie nelle piccole aziende di produttori.

Tuttavia, l’inadeguata viabilità rappresenta una forte criticità per la manifattura e il settore turistico. Il territorio è molto congestionato e i tempi lunghi di spostamento sono un problema per i visitatori e le aziende. La logistica internazionale, per esempio, non arriva in valle: servono, dunque, transfer dalle aziende alle piattaforme di pianura. Sebbene il settore turistico sia in crescita, la ricettività è scarsa e poco adeguata alle richieste in trasformazione, nonché carente dal punto di vista del personale. È, dunque, difficile trattenere i flussi esistenti, che sono per lo più limitati alla giornata e al week-end, e comunque, per lo più, stagionali.

Nonostante l’estesa presenza del bosco, l’attività agro-silvo-forestale è ancora poco sviluppata, con ricadute negative non solo economiche, ma anche sulla manutenzione e fruizione (anche turistica e ricreativa) del territorio e sul contrasto agli effetti dei cambiamenti climatici.

In relazione alla dimensione paesistico-ambientale, il territorio delle due valli è estremamente eterogeneo, ma presenta anche elementi di continuità, come le aree tutelate delle Orobie. È qui che sono prevalentemente localizzati gli alpeggi, aree di pascolo per il bestiame da latte posti a un’altitudine che va dai 1.400 ai 2.000 metri. Si tratta di un punto di forza nel contesto produttivo agro-zootecnico dell’area e una fondamentale occasione di promozione economica dell’intero settore primario e di quello turistico. Sebbene le politiche di sviluppo locale delle precedenti programmazioni si siano orientate verso la loro salvaguardia e la tutela, riconoscendone il fondamentale valore ecosistemico, la marginalità delle aree e le scarse disponibilità idriche hanno comportato l’abbandono o il sottoutilizzo di numerosi alpeggi, con impatti negativi in termini di manutenzione del territorio e aumento del dissesto idrogeologico, nonché di perdita di biodiversità. In aggiunta, nonostante il 90% degli alpeggi siano di proprietà pubblica, le concessioni spesso vengono assegnate ad aziende extra-locali che non inducono a reali vantaggi per le comunità locali. L’abbandono delle aree meno accessibili determina così un avanzamento degli arbusteti e del bosco, da un lato, e sovraccarica le aree poste in posizioni migliori per il fabbisogno delle produzioni casearie, dall’altro. La difficoltà di fruizione degli alpeggi e la mancanza di servizi (ad es., rete internet) rendono poco attrattiva questa attività, soprattutto per i giovani. Altro fattore disincentivante riguarda i costi e i vincoli normativi per l’adeguamento del patrimonio edilizio alle nuove esigenze produttive e alle vigenti normative igienico-sanitarie. Dai workshop sono emerse alcune criticità di tipo ambientale, come l’approvvigionamento dei foraggi non locali e lo smaltimento dei liquami. Accanto a ciò, l’invasione del bostrico sta mettendo a rischio centinaia di ettari di patrimonio boschivo, incrementando i costi di gestione e ripristino a carico dei comuni colpiti. La perdita di ettari di bosco incide sul rischio idrogeologico, aumentando la probabilità di micro-frane, valanghe e allagamenti.

Infine, un elemento di criticità più generale riguarda la settorialità e frammentazione delle progettualità e dei trasferimenti finanziari agli enti locali, che porta a una possibile dispersione di risorse e a duplicazioni funzionali inefficienti.

La difficoltà riscontrata dai piccoli Comuni ad avere accesso a bandi e opportunità di finanziamento, per carenza di capitale umano o economico, riguarda anche le cooperative e il Terzo settore. Inoltre, bisogna tenere presente la frammentazione amministrativa tra le due valli, specie nella pianificazione e nella gestione dei servizi.

image Figura 1. La traiettoria attuale figura territoriale
Fonte: Elaborazione degli autori.

1.2 Iniziative locali e politiche realizzate

Nel corso della ricerca e dei workshop è emersa la rilevanza di alcune progettualità recenti, attive sui diversi fronti di interesse.

Innanzitutto, sul fronte del capitale sociale, l’area interna oggetto di studio si caratterizza per la nascita e l’azione di diverse Cooperative di Comunità che, oltre a rivitalizzare i paesi e creare opportunità lavorative, collaborano con le amministrazioni locali per fornire servizi ai cittadini. Si segnalano, in particolare, le esperienze di:

  • Dossena, dove un gruppo di ragazzi, già organizzato in associazione, ha dato vita alla prima Cooperativa di comunità della Lombardia, che svolge attività socioculturali, educative e ricreative per anziani e giovani, e gestisce alcuni servizi per il Comune;
  • Ornica, dove si è dato vita alla Cooperativa di comunità delle “Donne di Montagna” che gestisce “l’Antico Borgo Rurale di Ornica” e promuove anche laboratori didattici legati alle antiche tradizioni della vita contadina di montagna;
  • Moio de’ Calvi, dove la Cooperativa di comunità “Terre d’Oltre Goggia” è nata per riaprire il negozio di alimentari del paese.

Analoghe esperienze comunitarie riguardano l’ambito agricolo, con le Associazioni fondiarie, diffuse soprattutto in Valtellina di Morbegno per superare la frammentazione proprietaria e avviare progetti comuni.

Sul fronte sociale, si segnalano altri due progetti:

  • Crescere insieme in Valle”, selezionato e finanziato da “Con i Bambini” nell’ambito del “Fondo di contrasto alla povertà educativa minorile”, insieme alla Fondazione della Comunità Bergamasca Azienda Speciale Consortile Valle Imagna, Comunità Montana Valle Brembana e il BIM (Bacino Imbrifero Montano): prevede un’articolata serie di azioni destinate alle fasce d’età comprese tra gli 0 e i 17 anni, a contrasto della povertà educativa. Le azioni previste sono differenziate: spazi di tipo aggregativo, di incontro, di sperimentazione educativa; formazione per i ragazzi e per gli adulti; laboratori ricreativi ed espressivi; presidii educativi dell’aggregazione informale.
  • Valtellina.Morbegno#Comunitàchediventafamiglia” è un progetto triennale di welfare di comunità finanziato da Fondazione Cariplo (2018) che si sviluppa sul territorio dei 25 comuni della Comunità Montana di Morbegno. Attraverso la figura di facilitatori, il progetto ha coinvolto la cittadinanza nella realizzazione di iniziative educative, culturali e di risposta a bisogni emergenti. In particolare, è stato inaugurato uno spazio di socialità per le mamme con bimbi da 0 a 6 anni (TamTam Bimbi) all’interno della biblioteca comunale di Delebio; sono nati gli Orti sociali a Morbegno, in un’area verde comunale da riqualificare, con l’obiettivo di ridurre la spesa delle famiglie più vulnerabili, riscoprire il valore della sostenibilità del km 0 e creare momenti di incontro e scambio fra i cittadini; sono state organizzate attività educative, ricreative e solidali con gli anziani e i bambini delle scuole locali, volti a promuovere l’interculturalità.

I due GAL operanti nell’area sono soggetti molto attivi nella promozione di progettualità, fra cui:

  • il progetto “Una montagna di botteghe” che focalizza la propria attenzione sulle attività commerciali dei piccoli paesi, intese non più come semplici punti di acquisto di beni, ma luoghi di incontro e di socialità;
  • il progetto “A.R.C. OROBIE: Alpeggi risorsa culturale delle Orobie Bergamasche”, finanziato dalla Fondazione Cariplo, che mira a valorizzare il patrimonio rurale della montagna bergamasca, a partire dal sistema degli alpeggi;
  • il progetto “P-Art” finalizzato alla valorizzazione del patrimonio costituito dalle costruzioni in pietra a secco e ad attività di formazione;
  • Orobikeando”, una rete integrata di ciclovie sulle Alpi orobiche per creare opportunità di sviluppo sostenibile;
  • il progetto internazionale Leader “JoIN – Job Innovation and Networking in the Rural Area” che intende sostenere gli stimoli imprenditoriali innovativi che si sviluppano nelle aree rurali, soprattutto attivati da fasce di popolazione particolari (giovani, non occupati, donne);
  • il progetto di cooperazione “ClimActive 2050”, finalizzato a contrastare gli effetti del cambiamento climatico e mantenere la biodiversità e i servizi eco-sistemici connessi a tali aree rurali.

Promosso, invece, dalla Provincia di Bergamo è il progetto “SMART OROBIE”, teso a destagionalizzazione l’offerta turistica e il prolungamento della permanenza media nelle Orobie bergamasche, potenziando le infrastrutture ciclabili ed escursionistiche già esistenti e il presidio dell’economia montana per contrastare l’esodo demografico. Anche il “Patto Territoriale del Comprensorio turistico Piazzatorre – Monte Torcola”, in via di definizione, prevede interventi volti alla destagionalizzazione del comprensorio, oltre all’ adeguamento e potenziamento degli impianti sciistici e di innevamento.

Sul fronte turistico, l’area beneficia anche di una serie di politiche volte a incrementare l’attrattività dei territori montani, con ricadute positive sullo sviluppo del turismo e sul rilancio dell’economia locale, come il bando “Itinerari” e il bando “Rifugi”.

Sul fronte della mobilità sostenibile di scala meso, si segnala il collegamento tra Roncobello e Ardesio, di connessione con la Valle Seriana, che ha l’obiettivo di rilanciare l’economia locale, nonché una più agevole manutenzione e conservazione del bosco. Analogamente, il progetto “Transorobiche” intende razionalizzare e mettere a sistema una serie di percorsi ciclo-escursionistici e pedonali in montagna mediante il recupero dei percorsi sentieristici e viabilistici esistenti tra le province di Lecco, Sondrio e Bergamo.

La Comunità Montana di Morbegno, attraverso la sinergia fra i Comuni di Cercino, Cino, Civo, Dubino, Forcola, Mantello, Mello, Morbegno, Talamona, Tartano e Traona, si è aggiudicata il finanziamento PNRR per il progetto “ValGreen” finalizzato alla costituzione di una Green Community che punta su quattro assi strategici: lo sviluppo del settore forestale, specie nelle aree demaniali del fondovalle; la mobilità lenta e la sentieristica per implementare percorsi e servizi e sviluppare la connessione dei siti culturali presenti sul territorio; l’efficientamento degli edifici di proprietà pubblica per ridurre i consumi e gli sprechi, mettendo a disposizione dei cittadini l’energia prodotta dall’impianto fotovoltaico che sarà installato sulle coperture. La strategia si basa sulla realizzazione di azioni diverse, ma interconnesse nell’ottica di sviluppare un processo virtuoso e replicabile, che veda, in tempi successivi, il coinvolgimento di partner privati.

Nell’area sono state implementate diverse politiche finalizzate allo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e all’efficientamento energetico, con particolare riferimento agli impianti e agli edifici delle PA e dell’illuminazione pubblica, oltre che per interventi sul territorio e sulle infrastrutture, anche digitali. A tal fine l’area beneficia delle strategie “Valle Brembana accogliente” e “Valle Brembana Green” nel quadro degli interventi legati allo sviluppo locale sostenibile del Fondo Valli prealpine.

1.3 Tendenze dell’area senza interventi

Lo scenario attuale senza interventi conferma i processi di polarizzazione di popolazioni e servizi fra una zona di bassa valle e una di alta valle. La prima appare maggiormente integrata al sistema pedemontano e a Bergamo, con il quale il rapporto sarà rafforzato dalla presenza della nuova linea tramviaria. In questo contesto, si continueranno a proporre modelli di sviluppo suburbani, caratterizzati da elevato consumo di suolo, presenza di grande distribuzione commerciale, crescente pendolarismo per motivi lavorativi, di studio e occasionali.

In alta valle, invece, pur attirando crescenti flussi turistici, i piccoli borghi saranno sempre più penalizzati dalla riduzione dell’offerta di servizi e dalla difficile accessibilità, alimentando processi di abbandono del patrimonio abitativo e ambientale, con impatti in termini di aumento del rischio idrogeologico, di isolamento di ampie quote di popolazione fragile e di emigrazioni di altre, come i giovani che, pur apprezzano l’ambiente della valle, vorrebbero avere maggiori opportunità lavorative per potervi restare. Accanto a ciò, l’invecchiamento della popolazione avrà un effetto rilevante anche sul mondo del volontariato, che attualmente supplisce alla carenza di servizi, riducendo ancora di più l’offerta sociosanitaria e assistenziale. Il calo demografico, invece, potrebbe comportare una più decisa riorganizzazione dell’infrastruttura scolastica. Interventi interessanti sono stati, invece, avviati per sostenere il commercio di prossimità, sebbene i processi di desertificazione non paiano del tutto arginati.

Più complicata la ricostruzione del dibattito attuale inerente al modello di sviluppo territoriale da perseguire e alle diverse prospettive di ri-orientamento, con l’emersione di posizioni variegate e discordanti, anche conflittuali.

Sul fronte manifatturiero, le debolezze del sistema locale – difficile accessibilità, ridotta digitalizzazione, manodopera poco qualificata – potrebbero rafforzare una tendenza di pianurizzazione delle attività industriali o comportare una perdita di valore aggiunto delle produzioni. D’altro canto, la carenza di personale comporta una maggiore propensione all’impiego di disabili e soggetti deboli. Per quanto riguarda il turismo, il cambiamento climatico, che sta determinando la riduzione delle precipitazioni nevose, crea difficoltà alla pratica dello sci. Inoltre, la scarsa ricettività e la sua qualità modesta, così come la mancanza di una visione condivisa d’area, limitano già oggi la fruizione delle valli.

L’abbandono di alpeggi e boschi, se non ostacolato, avrà conseguenze rilevanti in termini di manutenzione e cura idrogeologica del suolo e di mancata valorizzazione a fini turistici e ricreativi di un patrimonio locale naturale e culturale diffuso. Contemporaneamente, si assisterebbe anche a una perdita di conoscenze legate alle pratiche agricole, costruttive e artigianali della zona, difficilmente recuperabili. Infine, anche la non corretta gestione delle pratiche agricole, comprese quelle di nuova introduzione, rese in parte possibili dal cambiamento climatico (come l’olivicoltura), potrebbe avere esternalità negative per l’ambiente, il paesaggio e la biodiversità.

La traiettoria desiderabile

Indice sottosezioni:

2.1 Introduzione

Nel testo che segue si presenta sinteticamente una possibile agenda strategica per l’area della Valle Brembana e Valtellina di Morbegno. L’agenda è organizzata in tre corsi d’azione (più uno legato alla governance) capaci di orientare l’area verso una traiettoria maggiormente desiderabile nel medio e lungo periodo, rispondendo alle criticità e alle tendenze negative individuate in precedenza. La loro individuazione, come i loro contenuti, sono l’esito sia della raccolta dei bisogni degli attori locali, per come si sono manifestati nel corso degli incontri, sia delle analisi realizzate in precedenza dal gruppo di ricerca. Essi fanno leva non solo sullo sviluppo delle vocazioni territoriali già esistenti e radicate e sugli attori già presenti e attivi nel territorio, ma anche sull’attivazione di risorse scarsamente visibili e utilizzate, nonché sull’emersione di nuovi attori e sul coinvolgimento di soggetti oggi operanti in altri territori. Precondizione ed esito della sua trasformazione in strategia vera e propria è un sensibile miglioramento della capacità di cooperazione interna all’area: la grandissima parte dei problemi e delle opportunità discusse non possono essere trattati alla scala di un singolo Comune, di qualsiasi dimensione esso sia.

Si anticipano qui alcuni interventi più generali, lasciando ai corsi d’azione l’analisi di specifiche progettualità e politiche.

È opportuno, innanzitutto, intervenire in un’ottica di multifunzionalità delle dotazioni nei territori più marginali per mantenere presidi attivi di mutuo aiuto e socialità, evitando l’eccessiva concentrazione in bassa valle dei servizi alla persona. Ciò riguarda la riorganizzazione dell’infrastruttura scolastica sul territorio, il commercio di prossimità, il settore sociosanitario, le iniziative ricreativo-culturali e aggregative. Come azione essenziale è opportuno poi garantire innanzitutto continuità alle iniziative già esistenti. Per migliorare le condizioni di accessibilità ai servizi e lo spostamento in valle, è fondamentale proseguire sul solco tracciato dalle politiche in merito al tema della mobilità integrata, a partire dalla tramvia che sarà realizzata, dalla riforma del TPL e dalla rete di ciclabilità sovra-locale che collega i capoluoghi alle valli e a itinerari più vasti (verso la Svizzera, per esempio), facendo però attenzione a non diventare un territorio di solo transito.

Per prevenire una contrazione del settore manifatturiero, appare importante ragionare innanzitutto di processi di innovazione e digitalizzazione produttiva e della creazione di sinergie tra le imprese esistenti, a partire da quelle di maggiore dimensione. Un altro tema di riflessione riguarda la formazione del capitale umano, oggi fondamentale per sostenere processi di transizione (anche ecologica) nell’industria, all’interno delle catene globali del valore, e per trattenere i giovani sul territorio, offrendo loro buone opportunità occupazionali e di qualità di vita. Da questo punto di vista, è importante sostenere l’imprenditorialità giovanile e intervenire sulle condizioni di abitabilità.

Analogamente, anche per quanto riguarda il turismo, è fondamentale mettere a sistema le iniziative e le realtà esistenti, sollecitando, da un lato, la cooperazione tra pubblico, privato e Terzo settore (governance) nello sviluppo di eventi e proposte per destagionalizzare l’offerta; dall’altro, inserire la valle in un sistema più ampio, di scala d’ambito o provinciale, per evitare parcellizzazione e competizione tra territori prossimi.

Nel settore primario, potrebbe essere utile ideare un meccanismo che coinvolga l’intera comunità, ad esempio, un Distretto agricolo-zootecnico-forestale potrebbe essere un modo per riconoscere ai gestori del territorio i servizi offerti in termini di conservazione degli habitat, dei paesaggi tradizionali e delle valenze culturali, della sicurezza del territorio e dei percorsi turistici. In questo senso, si tratta di tenere insieme aspetti economici, ecologico-ambientali, sociali, come fatto dai nuovi Piani di Sviluppo Locale proposti dai GAL per il periodo 2023-27, con i quali è dirimente che la futura Strategia d’area si coordini per evitare duplicazioni o contraddizioni.

2.2 Tre possibili corsi d’azione

2.2.1 3.2.1 Welfare di comunità di valle

Il primo corso di azione fa perno sulla dimensione comunitaria, ancora presente nell’area e suo tratto distintivo. La Valle Brembana e la Valtellina di Morbegno si caratterizzano, infatti, per la presenza di diverse Cooperative di comunità e di Associazioni fondiarie che si sono costituite con l’obiettivo di valorizzare le risorse endogene inespresse, aumentare l’attrattività turistica e ricreativa del territorio e allo stesso tempo erogare servizi a residenti e visitatori e promuoverne il benessere, contribuendo all’inclusione dei più fragili.

Queste esperienze sono importanti non solo per il loro portato sociale, ma anche perché mostrano come promuovere socialità nei territori significhi anche rispondere a una domanda di sviluppo economico; l’esigenza di realizzare nuovi servizi sociali può essere, dunque, il volano per la creazione di nuove economie e opportunità lavorative, come sperimentato a Dossena, dove a partire da un gruppo di giovani desiderosi di non abbandonare il proprio paese si sono costruite prima occasioni di aggregazione, recuperando spazi pubblici sottoutilizzati, poi offerti veri e propri servizi alla cittadinanza (mensa, cura del verde, trasporto anziani), e lavorato, infine, anche sull’attrattività turistica, arrivando a impiegare 44 persone.

Per questo è importante continuare a sostenere le sperimentazioni esistenti in modo continuativo, facendole poi diventare un modello di sviluppo replicabile attraverso la valorizzazione delle risorse già disponibili sul territorio e dell’auto-organizzazione degli attori sociali, nonché la creazione di nuove competenze.

Le esperienze comunitarie non si limitano alle sole Cooperative di comunità che, comunque, hanno il vantaggio di poter svolgere diverse attività, che si integrano l’una con l’altra e consentono un multi-impiego delle persone. Come si è accennato, in campo agricolo, sono interessanti le Associazioni fondiarie che nascono per superare la frammentazione proprietaria. Altre esperienze riguardano poi le Cooperative sociali e il Terzo settore, le attività economico-commerciali che hanno anche finalità comunitarie e di servizio, come le farmacie di comunità o le botteghe.

Tuttavia, è fondamentale che tali iniziative trovino supporto, sinergia e collaborazione con l’ente pubblico. In questo senso, se è vero che l’area si mostra attiva e vivace dal punto di vista sociale, è opportuno che i soggetti pubblici esplichino il suo ruolo, da un lato, nel dare continuità a tali progettualità; dall’altro, elaborando politiche pubbliche qualificanti, come quelle scolastiche e abitative, che necessitano di massa critica per ottenere risultati decisivi.

I diversi interventi dovranno essere programmati a livello sovra-comunale per evitare duplicazioni e fornire dotazioni o servizi di accessibilità ai diversi ambiti territoriali, potenziando in questo senso i “Piani di zona”. Oltre a ciò, diventa cruciale supportare i piccoli Comuni (ma anche i soggetti del Terzo settore) nell’accesso a bandi e opportunità di finanziamento, ma anche nella progettazione e gestione degli interventi con risorse economiche e umane specifiche. A riguardo, appare importante dialogare con il mondo universitario, finanziando tirocini, dottorati e borse di studio finalizzati al supporto nella predisposizione dei progetti. In forma più strutturata, si propone la predisposizione di un “Tutor d’area” (o di una struttura unificata), una competenza professionale e di facilitazione che lavori per più amministrazioni comunali, le aiuti nella programmazione di risorse ordinarie, nella partecipazione ai bandi, nello strutturare progetti complessi e nell’elaborare piani di sviluppo locale, così come nell’interlocuzione coordinata e collettiva con Regione e altri enti pubblici.

Il mantenimento, potenziamento e ripristino di servizi di prossimità costituiscono investimenti essenziali anche per migliorare la capacità di risposta dei territori al rischio idrogeologico e climatico. La presenza e la realizzazione di centri sanitari e di strutture di assistenza sociale, in particolare, può garantire la continuità dei servizi anche in situazioni di emergenza e migliorare nel lungo periodo il livello di organizzazione del sistema territoriale. Analogamente, interventi di educazione e sensibilizzazione dei più giovani e della popolazione nel complesso possono contribuire a creare una cultura e competenze per la prevenzione.

Alcuni temi specifici da affrontare:

  • Sul fronte educativo, è opportuno avviare un ragionamento d’area con la creazione di un Tavolo permanente di coordinamento sulla scuola che faccia dialogare amministrazioni, scuole, imprese, servizi sociali. L’obiettivo è quello di creare un sistema scolastico vallivo integrato e coeso al proprio interno, in grado di esaltare le specificità dei singoli istituti secondari e inserirli nell’intero sistema provinciale bergamasco, in una prospettiva sinergica, attraverso interventi di qualificazione, promozione e ampliamento dell’offerta formativa.
  • L’attenzione rivolta ai temi della conciliazione e della cura potrebbe poi rappresentare un elemento attrattivo importante per trattenere e richiamare giovani famiglie. Si rendono, in particolare, necessarie specifiche politiche di supporto alle donne e alle giovani famiglie per favorire un incremento sia della loro partecipazione al mercato del lavoro, sia della natalità, ad esempio il potenziamento degli asili nido e dei servizi educativi 0-3, specie in alta valle. Altre questioni riguardano: l’estensione oraria di questi servizi e la loro apertura anche a non residenti; servizi pre- e post-scuola e servizi di scuolabus per il trasferimento intercomunale legato all’eventuale riorganizzazione dei plessi scolastici; il miglioramento della qualità e la diversificazione dell’offerta scolastica (ad es., percorsi montessoriani o outdoor education) nei comuni della bassa valle con la finalità di attrarre anche utenti dall’area pedemontana e dai capoluoghi, come già sperimentato a Talamona.
  • Per quanto riguarda i giovani, è opportuno valorizzare le reti create a partire dall’esperienza di Dossena e di altri comuni più attivi. La costruzione di una comunità educante allargata, tra scuola, Terzo settore, associazionismo, mondo dello sport, ecc. può portare all’ideazione di interventi integrati – tra politiche della scuola, giovanili, del lavoro, sociosanitarie – sovra-locali che moltiplichino (ma non duplichino) le opportunità per chi vive in valle, contrastando i fenomeni legati alla povertà educativa e all’esclusione sociale. Ad esempio, la creazione di piccole centralità ricreativo-culturali-lavorative-commerciali (hub giovani), ricavate in spazi pubblici non utilizzati o già esistenti (come le biblioteche o i piccoli musei), che lavorino in rete tra di loro, proponendo per esempio una programmazione di eventi congiunta e itinerante, servizi comuni, ma siano anche inserite in network più ampi, per superare marginalità e provincialismo. Per sostenere la capacitazione e partecipazione dei giovani, può essere utile prevedere specifici bandi per iniziative ricreativo-culturali o strumenti partecipativi, come i Patti di collaborazione, che consentano forme di autogestione, anche alleggerendo gli enti locali e il volontariato tradizionale. Questi luoghi polifunzionali possono ospitare anche spazi di lavoro per giovani a prezzi calmierati, intercettando così alcune dinamiche già esistenti sul territorio. Essi diventano, inoltre, l’occasione per rivitalizzare i nuclei storici dei borghi e attivare processi di riqualificazione urbana. Sarebbe interessante far dialogare le 18 start-up finanziate dal PNRR con questa linea di intervento, magari utilizzandole come punto di innesco.
  • Le attività di socializzazione dovranno riguardare anche la popolazione anziana, specie nei piccoli centri dell’alta valle. Con riferimento alla popolazione fragile, cruciale è anche la diffusione della connessione digitale per favorire innovazione (telemedicina), oltre al potenziamento della medicina territoriale con presidii locali e figure professionali specifiche (l’infermiere di comunità, badante di paese) o forme di servizio itineranti.
  • È opportuno anche ripensare l’accesso e i costi delle RSA presenti sul territorio, nonché prevedere forme di coabitazione multigenerazionali e sociali per gli anziani autosufficienti. Un esempio utile in questa direzione è quello dei cosiddetti “Foyer invernali” presenti nelle valli dell’Ossola, ossia abitazioni condivise da anziani autosufficienti che vi trascorrono i mesi invernali, quelli con maggiori difficoltà, per poi tornare d’estate nelle proprie abitazioni personali.
  • Sul fronte sociosanitario, è importante immaginare una pluralità di incentivi per richiamare e trattenere professionisti in valle: percorsi di formazione qualificante ASA e OSS con frequenza gratuita e indennizzata, poiché in questo modo si facilita la partecipazione di disoccupati, soprattutto donne; borse di studio per terapisti della riabilitazione e infermieri; politiche abitative agevolate temporanee per accogliere personale disposto a trasferirsi in loco per rispondere a un’offerta di lavoro.
  • Tutte queste azioni possono efficacemente essere messe al lavoro anche nei confronti del turismo, in particolare rispetto ad alcune nicchie di mercato, come quelle legate alle famiglie, agli sportivi, ai ragazzi (colonie estive), ai disabili, al silver tourism. In questo senso, è opportuno lavorare molto sull’accoglienza e sulla ricettività, oggi carente e di scarsa qualità, attraverso la definizione di protocolli che stabiliscano standard da rispettare, la creazione di un marchio riconoscibile di promozione del territorio, l’organizzazione di reti tra operatori del settore, nonché di collaborazioni di tipo pubblico-privato-Terzo settore (fra cui anche le parrocchie) che portino a una strategia condivisa e unitaria. Un bell’esempio, in questo senso, è rappresentato dal progetto “Hotel Moderno: sentirsi accolti” promosso a San Pellegrino Terme dalla Cooperativa sociale “In cammino” e dall’istituto alberghiero, che combina ricettività e formazione. Per superare la mancanza di strutture ricettive, si può immaginare, in particolare, la riattivazione di alcune strutture sottoutilizzate di media Valle, come a San Pellegrino Terme, o puntare su forme di accoglienza diffusa, come fatto ad Ornica dalla Cooperativa di comunità, al fine di sostenere il recupero dei nuclei storici, lavorando in via prioritaria sul patrimonio presente lungo i sentieri e i collegamenti ciclabili. La proposta turistica diffusa consentirebbe di valorizzare le molte risorse ambientali e culturali presenti in valle. In questo quadro, sul fronte della mobilità, è opportuno lavorare su un’offerta mista, che integra diversi tipi di trasporto, anche privato, e diversi fruitori, dai lavoratori agli studenti, fino ai visitatori.

2.2.2 Una valle desiderabile

Il concetto di “desiderabilità” è differente da quello di “attrattività”, più comunemente impiegato. Entrambi ci parlano di un luogo che, per le sue caratteristiche, attira a sé abitanti e persone, ma il primo appare più legato a una dimensione emozionale (desiderio) e alla lunga durata. Il tema, dunque, è far sì che le persone desiderino abitare stabilmente in Valle Brembana e Valtellina di Morbegno, desiderino restare sul territorio e costruirvi i propri progetti di lavoro e vita. Evidentemente questo corso d’azione si lega saldamente al primo (2.2.1 Welfare di comunità di valle) perché i servizi e le dotazioni pubbliche sono una precondizione fondamentale per sostenere la vitalità di un contesto. Allo stesso modo, le azioni messe in campo in primis per abitanti e lavoratori, possono certamente avere benefici anche per i visitatori, incrementando l’attrattività turistica dei luoghi.

Nel corso dei workshop, si è parlato molto della mancanza generalizzata di manodopera, un tema che riguarda tutte le aree interne e, più in generale, l’attuale congiuntura socioeconomica. Il controllo di alcuni fattori decisivi di tale congiuntura – ad esempio il miglioramento dei livelli salariali nel settore pubblico – non sono nella disponibilità degli attori locali. Tuttavia, alcune delle azioni già proposte con riferimento al personale sociosanitario ed educativo, possono essere richiamate anche per il settore privato.

  • Innanzitutto, è dirimente ragionare di politiche abitative agevolate, non solo temporanee, che rendano più sostenibile l’affitto di un’abitazione – anche per strati fragili di popolazione – o il recupero di un immobile esistente, arrestando così la costruzione di nuove residenze.
  • Inoltre, è importante lavorare sul sostegno alla formazione, proponendo incentivi, sussidi, borse di studio e costruendo un’offerta territoriale più in linea con le vocazioni territoriali, per esempio la creazione di un ITS sui temi del turismo, che possa attrarre studenti anche da altri territori. In riferimento al settore turistico, inoltre, le difficoltà di reperimento della manodopera dipendono – secondo alcuni attori e dai dati sul precariato – anche da difficili condizioni di lavoro, nonché dalla diffusione di forme di lavoro informale. Oltre alle normali attività repressive in capo allo Stato, attività di formazione alle imprese e di monitoraggio delle condizioni di lavoro – con la partecipazione delle parti sociali – appaiono essenziali, specie nei periodi di forte presenza turistica, per qualificare il mercato del lavoro locale.
  • Servono poi politiche del lavoro e dell’inclusione che riguardino soggetti meno qualificati e/o più fragili, per i quali si aprono maggiori possibilità di assunzione, vista la scarsità di personale. Si tratta, ad esempio, di persone con disabilità, senza dimenticare altre categorie sociali meno visibili (come donne/uomini over 45 privi di qualifiche) o quantitativamente meno rilevanti, ma in preoccupante crescita, come i NEET. In questi casi, si può immaginare di impiegare una parte di questa forza lavoro in progetti sociali, oltre che nel settore privato.
  • Il riconoscimento del carattere decisivo dei flussi migratori internazionali nella tenuta demografica ed economica deve poi condurre a politiche e progetti orientati a un’efficace e giusta integrazione dei migranti. Già oggi, in alcuni settori (agricoltura, industria, turismo), i lavoratori stranieri sono fondamentali ma spesso ci si focalizza solo sulla ricerca di manodopera a basso costo, ragionando sul breve periodo o sulla temporaneità. Occorrono, invece, politiche per l’integrazione che includano azioni di alfabetizzazione e formazione, educazione e orientamento, ma anche socializzazione, destinate al lavoratore e ai suoi famigliari. Nell’area sono già attivi, ad esempio, interventi di richiamo di manodopera che beneficiano del Decreto “Flussi” e riguardano interi nuclei famigliari. Ciò può avere ricadute demografiche importanti, in contesti di piccole dimensioni, e contribuire a costruire un paesaggio sociale più variegato e aperto, lavorando anche sui valori di solidarietà e multiculturalità.
  • La mobilità collettiva è un altro tema cruciale per consentire a tutti, anche a chi non si può permettere un’auto propria, di lavorare e vivere in valle. In questo senso, il servizio di trasporto pubblico locale dovrebbe essere potenziato, andando al di là del servizio studentesco attuale come frequenza e orari, ed estendendosi fino a raggiungere le aree produttive del territorio, per lo più dislocate nei fondivalle. Per le imprese di maggiore dimensione, o per le aree industriali concentrate, si potrebbero prevedere navette aziendali (anche federate tra imprese) per il trasporto dei lavoratori dalla stazione/fermata del TPL. Importante è anche prolungare le piste ciclabili all’interno delle aree produttive, sostenendo la mobilità attiva e prevedendo incentivi per le aziende che favoriscono tale modalità di spostamento. Contemporaneamente, si possono prevedere bandi specifici destinati alla creazione di attrezzature per i lavoratori-ciclisti come depositi e spogliatoi, strutture che, se abbinate agli spacci aziendali, possono essere utilizzate anche dai visitatori o possono eventualmente essere aperte ai cittadini in particolari momenti, magari con un uso sanitario, supplendo alla carenza di strutture sul territorio (si pensi alle aziende trasformate in hub vaccinali durante la pandemia da Covid-19).

Questi interventi possono diventare anche l’occasione per operazioni di più estesa riqualificazione urbanistico-ambientale delle aree produttive, troppo spesso ambienti che deturpano il paesaggio, specie se visibili dalle montagne limitrofe. A livello di area, sarà importante ragionare del trattamento ecologico-ambientale degli spazi pubblici, mediante una varietà di soluzioni, quali: fasce di rispetto interstiziali tra i lotti, piantumazioni con effetto di mitigazione lungo le maggiori infrastrutture stradali e sui recinti aziendali, viali alberati lungo i percorsi ciclabili, valorizzazione delle sponde fluviali, riforestazioni, realizzazione di corridoi ecologici, ecc. L’intervento potrà poi estendersi anche all’interno dei recinti industriali, aumentandone permeabilità e copertura vegetazionale, riducendo così i rischi ambientali e le isole di calore. Tali operazioni potranno legarsi a interventi di riqualificazione energetico-architettonica (realizzazione tetti verdi o fotovoltaici, incrementi edilizi, demolizioni e rinaturalizzazioni, produzione energetica sostenibile, rifacimento involucro edilizio, ecc.) e di promozione dell’immagine dell’impresa (restyling facciate, riuso di manufatti o loro porzioni, riqualificazione recinzioni, ecc.).

Importante anche la definizione di un programma di interventi sui fiumi e torrenti, attraverso la rigenerazione gli spazi verdi adiacenti i corsi d’acqua, da ripensare come nuovi spazi pubblici per l’adattamento al cambiamento climatico e la biodiversità. Dato il livello non irrilevante di esposizione al rischio idraulico di diversi comuni dell’area e, in particolare, di alcune aree industriali il coinvolgimento delle imprese in tali progettualità sarebbe decisivo. Il progetto AP+A sull’adattamento delle aree produttive, promosso dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano, può rappresentare un’utile piattaforma per la sperimentazione di queste azioni progettuali e processuali.

Per evitare un’eccessiva frammentazione, sarà auspicabile la redazione di uno studio diagnostico, di una strategia unitaria e coerente e di un documento di linee guida per l’intera valle, che solleciti la cooperazione in prima battuta dei comuni che ospitano sul loro territorio le aree produttive più estese.

Particolare attenzione dovrà essere prestata, infine, al traffico e ai veicoli destinati al trasporto delle merci, a partire da un attento studio delle attuali modalità di funzionamento della logistica.

  • Analogamente, sull’esempio di quanto sperimentato con successo dal progetto “Una montagna di botteghe”, anche il commercio può essere ripensato in chiave multifunzionale e come fornitore di servizi alla popolazione locale e ai visitatori, secondo modalità di sostegno e intervento diversificate a seconda delle opportunità e delle situazioni. Nei piccoli centri, le botteghe – così come i bar – sono veri e propri spazi di socializzazione, che possono fornire servizi ai residenti, anche di tipo domiciliare. Per questo, nei luoghi a maggior rischio di desertificazione, sarà necessario che il pubblico sostenga la creazione di nuove attività, ad esempio mettendo a disposizione gratuitamente spazi comunali non utilizzati o incoraggiando l’apertura di negozi sociali da parte del Terzo settore, ove dare opportunità di impiego a soggetti fragili, come sperimentato dalla Cooperativa di comunità “Terre d’Oltre Goggia”. In corrispondenza di sentieri e itinerari, o nei centri a maggior vocazione turistica, le botteghe possono diventare info-point per i visitatori, oltre a promuovere prodotti agro-alimentari locali, integrandosi con le filiere produttive del territorio. Oppure le botteghe possono diventare luoghi di apprendimento, attraverso l’organizzazione di laboratori e corsi con le scuole. Sarà possibile ipotizzare anche l’adozione e la presa in carico, da parte delle botteghe, di spazi pubblici limitrofi, per favorirne il presidio secondo il modello dei “Patti di collaborazione”. Spazi commerciali vuoti potranno essere utilizzati, più o meno temporaneamente, per la fornitura di servizi o l’organizzazione di manifestazioni locali. Queste attività potrebbero essere promosse da nuove cooperative di comunità multifunzionali che siano operative congiuntamente in aree con forte domanda di mercato e nelle aree interne con minore domanda. La sostenibilità economica di lungo periodo di tali attività potrebbe risiedere nella possibilità di sussidiare con parte dei ricavi realizzati nelle prime – con servizi offerti, ad esempio, anche alla domanda turistica – le attività offerte nelle seconde. Un bando per la creazione di queste cooperative, da realizzare in collaborazione con attori già esistenti, e di un percorso di formazione e di creazione assistita di progetti d’impresa a livello dell’intera area potrebbero essere gli strumenti utili per avviare queste iniziative.
  • Questo tipo di azione pubblica può riguardare anche il sostegno di imprese terziarie o spazi di coworking destinati a liberi professionisti, come sperimentato con successo ad Albaredo per San Marco. Il soggetto pubblico può mettere a disposizione gratuitamente spazi dismessi e provvedere alla digitalizzazione del territorio. In questo senso, la connettività veloce è un aspetto cruciale, tanto per le imprese, quanto per i singoli lavoratori, e deve essere estesa anche ai piccoli Comuni marginali al fine di renderne possibile il ripopolamento. Interessante, in questo senso, anche il progetto “Smart Orobie” che intende attrarre i nomadi digitali sul territorio, anche in aree remote in quota.

2.2.3 Verso un’agricoltura sostenibile e sociale

Il settore primario continua a essere un elemento fondamentale per l’area, dal punto di vista produttivo ma anche turistico, identitario e per l’assetto idrogeologico. Si tratta di un settore in forte trasformazione e ridimensionamento, nei confronti del quale è opportuno investire per evitare ulteriori fenomeni di abbandono e degrado.

A fronte della riduzione di alcune colture, come la viticoltura in Valtellina, e di fronte alle sfide poste dal cambiamento climatico, le Comunità Montane e i GAL stanno già intervenendo in interventi di formazione legati alla diversificazione produttiva, con l’introduzione soprattutto dell’olivicoltura e della castanicoltura, ma anche dei piccoli frutti, dei noccioleti, del luppolo e della diversificazione dei vitigni, con l’introduzione dei bianchi. Si tratta però, spesso, di piccole realtà diffuse, in cui manca un sistema di produzione e commercializzazione, da costruire. Importante, dunque, sostenere questi cambiamenti, facilitando anche l’accesso da parte dei giovani, avendo particolare cura nei confronti della sostenibilità delle coltivazioni, del loro impatto ambientale e in termini di trasformazione sul paesaggio.

Per quanto riguarda l’agricoltura di montagna, è fondamentale mantenere e recuperare prati e pascoli dove è presente una buona gestione delle superfici, in particolare incentivando l’attività innovativa e legata a giovani motivati a rimanere sul territorio. I pascoli e i prati presenti nel contesto montano, infatti, sono habitat di fondamentale importanza, in quanto svolgono funzioni di tipo ecologico-ambientale. La presenza di prati e pascoli ricavati all’interno dello spazio naturale delle foreste costituisce un elemento di alternanza che realizza una composizione di ambienti diversificati nei quali si può sviluppare la massima biodiversità. Gli usi del suolo diversi e frammisti, in particolare gli ambienti naturali, forniscono servizi eco-sistemici che vanno oltre il valore prettamente economico-produttivo: servizi di approvvigionamento e forniture di risorse, servizi di regolazione e manutenzione, nonché servizi culturali e di promozione del territorio. La presenza di habitat diversi contribuisce, inoltre, anche alla strutturazione del paesaggio, rendendolo più attrattivo ai fini della fruizione da parte di visitatori e sportivi.

I precedenti Piani di Sviluppo Locale (“Valorizzazione multifunzionale degli alpeggi delle produzioni di alta qualità e innovazione dei sistemi di ospitalità rurale” del GAL Valle Brembana 2020 eLa valle dei Sapori” del GAL Valtellina) hanno consolidato il ruolo e il valore degli alpeggi per la preservazione e custodia dei servizi eco-sistemici, oltre che per il loro valore come patrimonio storico, architettonico e paesaggistico. Le difficoltà di gestione emerse ai tavoli di lavoro necessitano di particolare attenzione e potrebbero essere il presupposto per la valutazione di una corretta e adeguata gestione degli alpeggi, diventando un focus per la Strategia d’area. La gestione degli alpeggi da parte delle aziende del territorio assume particolare significato per il senso di appartenenza delle aziende stesse che hanno un ruolo da protagoniste nella conservazione di questi scrigni di biodiversità. Prevedere premialità e agevolazioni specifiche per gli attori locali e per i giovani imprenditori potrebbe essere, dunque, un incentivo per veicolare le concessioni verso questo target di soggetti. Le problematiche relative alla gestione dei territori e degli incendi boschivi potranno essere occasione di confrontarsi sul tema della fruibilità di questi luoghi e di gestione delle risorse idriche. Le operazioni di ricarica delle pozze di alpeggio avvenute per fronteggiare l’emergenza siccità della scorsa estate hanno consentito, per esempio, agli alpeggiatori di rimanere più a lungo in montagna, di preservare maggiormente il territorio e di avere disponibilità di riserve idriche in caso di incendio. I Pagamenti dei Servizi Ecosistemici (PES) potrebbero essere uno strumento per il riconoscimento concreto del valore di queste attività, incentivandone così la loro permanenza.

Per la sua estensione, ma anche per diverse azioni e politiche già messe in campo, il patrimonio boschivo ha un grande potenziale nell’area. Esso svolge un ruolo primario nella regolazione del ciclo delle acque, nella funzione di protezione dai dissesti idrogeologici superficiali, dalla caduta massi e dalle slavine. Una politica di gestione forestale diventa, dunque, prioritaria al fine di garantire e riconoscere il ruolo fondamentale per la cura, la custodia e la gestione del territorio, anche in virtù degli eventi determinati dai cambiamenti climatici. La silvicoltura è un’attività importante e da sviluppare con operazioni di formazione e reclutamento, anche in un’ottica di manutenzione dei sentieri a fini ricreativi e turistici, proseguendo il lavoro avviato dai due GAL con il documento “Accordo di foresta” che intende creare una filiera produttiva alimentare (castagno) e per l’energia (utilizzando le risorse destinate alla creazione di Comunità energetiche). Al fine di affrontare le difficoltà dovute alla frammentazione fondiaria e alla poca attrattività economica della gestione dei boschi, Regione Lombardia promuove la costituzione delle “Associazioni Fondiarie”, già diffuse in Valtellina di Morbegno, che permettono di ovviare al problema condividendo strategie e interventi nei territori dei soci aderenti. Incentivando questa forma di associazionismo ci si può orientare verso una serie di azioni condivise: creare una metodologia condivisa per la creazione di associazioni SMART fortemente innovative; trovare gli strumenti per facilitare l’accesso dei piccoli proprietari forestali a forme di finanziamento pubblico e privato; contribuire alla definizione di una metodologia nazionale per la misurazione e il monitoraggio dello stoccaggio del carbonio nei progetti forestali, promuovendo anche il “Codice Forestale Nazionale del Carbonio”. In questo modo si potrebbe facilitare il reperimento di finanziamenti privati per le attività di gestione che aumentano lo stock di carbonio, tenendo anche in considerazione le iniziative di carbon farming previste dalla Commissione Europea e certificazioni tipo FSC (Forest Stewardship Council).

  • Il settore agricolo si presta particolarmente anche ad attività di inclusione e riduzione delle vulnerabilità, anche perché è fortemente connesso alla cultura locale e dà dei risultati “socialmente riconoscibili”. A livello territoriale c’è la necessità di integrare i servizi esistenti con esperienze che facilitino i processi di integrazione sociale di soggetti (giovani e non) che spesso vivono in condizioni di isolamento e per i quali la proposta di un lavoro risulta prematura o non percorribile. Si potrebbero promuovere o potenziare le esperienze di micro-gruppi, coordinate da una figura di “tutor sociale”, che consentano a queste persone di svolgere attività connesse a settori produttivi, ma con la finalità prioritaria di riconnettersi a un contesto di comunità. L’agricoltura sociale ben si presta anche ad altre tipologie di svantaggio, a partire dalla disabilità intellettiva, nonché per la realizzazione di percorsi professionalizzanti. Per questi motivi buona parte delle cooperative sociali di inserimento lavorativo della Provincia di Sondrio stanno già investendo nell’agricoltura sociale che, in prospettiva, si può connettere alle più recenti forme di turismo (esperienziale/sostenibile/sociale), alle attività didattiche delle scuole e alla creazione di spazi collettivi. L’attività di agricoltura sociale, inoltre, dovrebbe essere connessa con i piani locali di salvaguardia e tutela ambientale del territorio (es. tutela della biodiversità, delle risorse naturali), nonché all’economia circolare. Si segnala, a titolo d’esempio, l’esperienza de “Il Baitone”, una realtà multifunzionale, localizzata in alta montagna e non raggiungibile attraverso strade carrabili, creata con la finalità dell’inclusione sociale.
  • Certamente da sostenere l’avvicinamento al territorio e il coinvolgimento attivo dei giovani, attraverso attività didattiche-ricreative e formative sul campo. In particolare, su questo fronte, la creazione nei territori dei Comuni della bassa valle di percorsi ludico-didattici per bambini, come già è stato sperimentato nel Comune di Dazio, può diventare un elemento per incentivare la partecipazione degli abitanti.

2.2.4 Governance di valle, cooperazione intervalliva e il rapporto con le città capoluogo

Un ultimo punto di attenzione riguarda la struttura di governance che più efficacemente può portare avanti una strategia integrata, unitaria, condivisa per l’intera area della Valle Brembana e Valtellina di Morbegno e, contestualmente, il sistema relazionale da costruire a partire dalle valli per sostenere questa visione al futuro.

Innanzitutto, trovandosi quest’area a cavallo tra due Province e conoscendo, dunque, processi di più accentata frammentazione nel governo settoriale (ATS, Uffici Scolastici Regionali, Agenzie della Mobilità, ecc.), è cruciale che sia dialogo e cooperazione a scala vasta, di ambito esteso. Importante anche sostenere progetti di cooperazione con la Svizzera, per l’area di Morbegno.

Le Comunità Montane sono riconosciute come importante risorsa da numerosi attori locali e sono gli enti che, insieme ai due Parchi delle Orobie e ai GAL, meglio possono governare il processo di coinvolgimento degli attori locali, definizione della strategia locale e governo degli interventi. Tuttavia, è importante che ci sia una maggiore unità di intenti tra le singole amministrazioni e che le Comunità Montane si facciano portavoce di una visione al futuro per il territorio, evitando di limitarsi alla gestione di alcuni servizi in comune.

È, inoltre, fondamentale che i soggetti pubblici, a vari livelli, si mettano in ascolto del mondo associativo, cooperativo e del Terzo settore che già opera attivamente sul territorio e che, oltre a conoscere i bisogni dei cittadini, può anticiparne le richieste, partecipando attivamente alla programmazione e alla progettazione di politiche e interventi. Considerato il buon livello di cooperazione dell’area, si auspica l’attuazione di un processo di co-progettazione inclusivo, che preveda numerosi momenti di confronto e discussione pubblica, come avviato con il percorso locale condotto da Regione Lombardia e DAStU – Politecnico di Milano, e appositi strumenti partecipativi, come un “Bilancio partecipativo di Valle”.

Entro questo processo dovrà essere posta particolare attenzione anche al legame con i contesti limitrofi (scala meso), come la Valle Seriana, gli altri mandamenti della Valtellina, le Valli del Lario, la Val d’Imagna attraverso forme di cooperazione progettuale, come sperimentato, ad esempio, con il PTRA “Valli Alpine” e le attività dei GAL.

Un ulteriore riflessione deve riguardare il rapporto, in termini di relazioni e interdipendenze, con la città di Bergamo, a cui peraltro la bassa Valle Brembana è molto prossima e sarà meglio collegata nel prossimo futuro, e di Sondrio per la Valtellina di Morbegno. Questo ragionamento riguarda sicuramente il ruolo della valle come fornitore di servizi eco-sistemici fondamentali per l’area urbana, in un quadro di criticità ambientali e di cambiamento climatico, ma anche il possibile ruolo ricreativo e di educazione ambientale che la valle può svolgere rispetto alle popolazioni della città, o la creazione di filiere di produzione e consumo che possano attualizzare lo storico legame esistente tra montagna e pianura, o ancora il possibile ribilanciamento di quote di popolazione che possono vivere in valle (non solo nella parte più vicina) e muoversi quotidianamente in città in modo sostenibile, veloce e confortevole.

Per la Valle Brembana, un’altra questione cruciale è sostenere una maggior penetrazione turistica della valle, intercettando gli ingenti flussi che quotidianamente raggiungono Bergamo (spesso in giornata) per visitare la Città Alta, anche in conseguenza della nomina a Capitale Italiana della Cultura 2023. Per la Valtellina di Morbegno, è opportuno ragionare a scala provinciale, in un’ottica di maggiore integrazione e collaborazione con gli altri mandamenti, specie in vista delle prossime Olimpiadi invernali.

image Figura 2. La traiettoria desiderabile i tre corsi d’azione
Fonte: Elaborazione degli autori.
image Figura 3. La traiettoria desiderabile figura territoriale
Fonte: Elaborazione degli autori.

La natura strategica dell'Agenda

I corsi d’azione indicati hanno una natura strategica per una varietà di ragioni.

La prima risiede nell’intervenire sui processi di polarizzazione interna all’area riattivando patrimoni costruiti e ambientali sottoutilizzati nelle aree più deboli per creare opportunità di sviluppo locale, specie per i giovani del territorio.

La seconda è inerente al migliorare la disponibilità di soluzioni abitative e di servizi locali adeguati a incrementare la capacità dell’area di farsi più “desiderabile” per trattenere e attrarre popolazione in età attiva, che appare decisiva per la preservazione dei servizi essenziali, anche mediante la necessità di coordinare i diversi attori e le diverse scale della governance dei servizi, e a dare risposta a esigenze di gruppi sociali e territori oggi marginali.

La terza risiede nel trattare uno dei problemi più difficili seppur decisivo per gli equilibri complessivi del territorio, ovvero il collegamento e la mobilità tra aree di fondovalle e bassa valle e aree marginali e in quota, a beneficio di residenti, lavoratori e visitatori.

La quarta riguarda la riqualificazione di aree degradate, come i fondivalle manifatturieri, o in abbandono, come i pascoli e i boschi, per migliorare intere porzioni di territorio a livello paesaggistico, oltre alle condizioni di abitabilità e di benessere fisico e sociale per chi vive sul territorio, anche ai fini di un incremento dell’attrattività (lavorativa e turistica) dell’intera area.

La quinta, infine, riguarda la proposta di azioni che concorrono all’articolazione del modello economico locale, puntando sulla diversificazione agricola, la valorizzazione del bosco, il rafforzamento di attività ricettive inclusive, legate al turismo lento, e il potenziamento di interventi lavorativi a sfondo sociale.

Infine, la sesta ragione risiede nella riconcettualizzazione del rapporto città/area interna, a partire dalla decostruzione dell’alterità tra i due poli, dalle interdipendenze esistenti e potenziali che legano il capoluogo al territorio montano attraverso alcuni spazi intermedi, come le vallate prealpine, dalla costruzione di nuovi immaginari e rappresentazioni complesse e articolate del fenomeno territoriale.

Queste leve proposte nell’agenda sono fortemente sinergiche e hanno un’ulteriore dimensione, ad esse trasversale e che appare egualmente strategica, ovvero la formazione di nuove competenze locali, attraverso un investimento sulle persone, e in particolare sui giovani, come capitale umano attraverso il quale costruire nuove forme di cooperazione locale, riscoprire e riattivare patrimoni territoriali oggi sottoutilizzati, costruire, dal basso, nuove istituzioni e attori locali. Dal punto di vista della distribuzione dei benefici sociali e territoriali, l’agenda propone di concentrare gli sforzi in direzione di alcuni gruppi sociali e alcuni contesti. Gli anziani in condizioni di maggiore perifericità, i bambini e i giovani nella fase di transizione dall’istruzione all’occupazione, i nuclei familiari in età attiva hanno centralità nell’agenda, sia per ragioni di giustizia sociale, sia per ragioni di efficacia degli interventi nel rendere possibile una flessione positiva della traiettoria dell’area.