Valcamonica / Agenda strategica
L'agenda strategica dell'area della Valcamonica
strategy
strategy
share_location 1.425 km²
gavel 35 comuni
groups_2 80.227 abitanti
Chiusura documento: 12/09/2024
Indice sezioni:
Le aree interne lombarde costituiscono un mosaico territoriale fatto di diversità produttiva, culturale, sociale, ambientale, paesaggistica. La forte diversificazione produttiva, in particolare, è uno dei fattori che ne qualifica la diversità territoriale: nelle aree interne lombarde si praticano, nello spazio di pochi chilometri, l’agricoltura di montagna, l’artigianato e la manifattura, la ricreazione ed il turismo.
Oggi queste aree si trovano di fronte a una varietà di punti di rottura, che segnalano la necessità di ripensare e ri-orientare la propria traiettoria in direzione di un futuro più desiderabile perché più giusto e sostenibile, e quindi più abitabile. Crisi correnti, crescenti e fra loro intimamente connesse, quali quelle che manifestano l’avanzare del cambiamento climatico – la siccità o lo scioglimento dei ghiacciai alpini - oppure quelle che manifestano la crisi del modello di sviluppo ereditato – lo spopolamento di alcune porzioni del territorio o il declino di alcuni settori produttivi - indicano la necessità per gli attori locali di riconoscere tali punti di rottura, e di renderli oggetto di intervento e soprattutto di progetto.
Tale progetto, per rivelarsi efficace, non può che muovere dal riconoscimento della diversità di ogni territorio. Diversità che va difesa, sviluppata e proiettata nel futuro in alternativa a qualsiasi monocultura economica e territoriale che, come tale, in un mondo sempre più interdipendente è fonte di rischi crescenti. Pur in un quadro difficile, ogni territorio può e deve cercare il proprio percorso, che non sia il replicare modelli altri e che definisca le condizioni e le forme di una prosperità possibile.
Le aree interne lombarde continuano, in gran parte, a essere capaci di trattenere quote significative di popolazione. Tuttavia, sappiamo che al loro interno questa va polarizzandosi, nelle valli come nei centri maggiori. Per correggere questi squilibri e migliorare le condizioni concrete di abitabilità sia per chi già ci vive – e in particolare i più fragili - sia fra chi vorrebbe poterci vivere è sempre più necessaria una diversa organizzazione territoriale. Questo significa operare – soprattutto attraverso una nuova politica dei servizi e della casa - per stabilizzare, se non aumentare, la popolazione dove ve ne siano condizioni e possibilità, ed egualmente progettare nel tempo medio un futuro e delle vocazioni diversi dove tali condizioni e possibilità non sono presenti.
Le aree interne lombarde sono innervate da saperi e conoscenze diffusi, alcuni ancora vitali, alcuni in declino e altri ancora da creare e far rinascere perché necessari per il futuro. Questi saperi sono di frequente diffusi e riprodotti da importanti istituti di formazione e istruzione, altre volte da altri attori locali e dal sistema sociale nel suo complesso. Tuttavia, tali saperi e tali conoscenze non riescono ad arrivare all’insieme della popolazione, determinando così l’esclusione di alcuni gruppi sociali, né sono sempre sufficienti a rispondere alle aspettative delle giovani generazioni che si trovano a non poter proseguire in queste aree i propri progetti di vita, sia che vi siano nati sia che vogliano venire da altrove.
Le aree interne lombarde sono attraversate da una straordinaria biodiversità senza la quale gli equilibri ambientali dell’intera regione sarebbero ancora più precari, e il suo futuro ancora più a rischio. Come ancora più precaria sarebbe sia la capacità del suo territorio di contribuire alla mitigazione del cambiamento climatico sia quella di adattarvisi. La scelta della tutela della biodiversità impone, come proposto dalla Commissione Europea, un “necessario cambiamento radicale” che non è più rinviabile. E che vede le aree interne lombarde in una posizione di forza rispetto alle aree urbane, ma anche di fragilità, se non le si dedicano la cura e l’attenzione sempre più necessarie.
Per conseguire questo futuro più desiderabile non basteranno le azioni locali alla scala di ogni singola area. Pur nella loro diversità, tali aree dovranno imparare a parlarsi e cooperare. Come dovranno ridefinire il proprio rapporto con le grandi aree urbane della regione, non per replicarne i modelli, ma per costruire una nuova relazione, fondata su una nuova interdipendenza. Inoltre, politiche pubbliche a tutti le scale, da quelle delle aree metropolitane a quelle nazionali, dovranno trasformarsi ed evolvere, sia per ridurre drasticamente i loro impatti negativi sulla traiettoria di queste aree, sia per lasciare che sviluppino, viceversa, le loro potenzialità. In questo quadro pur complesso, gli attori locali possono giocare un ruolo decisivo, e la costruzione di una strategia territoriale è da questo punto di vista un’occasione preziosa. Senza una più forte cooperazione fra tali attori ed una più forte integrazione delle politiche e dei progetti tale promessa rimarrà tuttavia disattesa: le aspettative delle nuove generazioni come lo spopolamento, la biodiversità come gli impatti del cambiamento climatico, non conoscono né tollerano confini comunali.
Questa agenda è stata redatta sulla base di una varietà di operazioni di ricerca - in particolare la redazione del ritratto territoriale della Valcamonica a cura del gruppo di lavoro del Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano - e di quanto emerso dai due workshop con gli attori locali. I due incontri sono stati realizzati in collaborazione tra il gruppo di lavoro del Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano e gli uffici regionali. Il primo incontro – svoltosi a Breno il 27 febbraio 2023 con la partecipazione di circa 60 persone - ha avuto come obiettivo quello di una migliore definizione dei problemi, delle risorse e delle politiche e iniziative in corso nella Valle. Il secondo incontro – svoltosi a Edolo il 14 Marzo 2023 con la partecipazione di circa 60 persone - ha avuto come obiettivo quello della individuazione di obiettivi e progetti della futura strategia. Coerentemente, il testo è organizzato in due parti: la prima presenta la traiettoria attuale dell’area e i rischi verso i quali la valle va incontro in assenza di nuovi e diversi interventi, la seconda presenta invece la traiettoria desiderabile articolata in tre possibili corsi d’azione per conseguirla.
L’agenda intende quindi restituire a chi opera sul territorio una visione possibile e alcuni modi per realizzarla. Si tratta di uno testo aperto, non esaustivo, che intende proporsi come strumento per il prosieguo del percorso di elaborazione della strategia d’area da parte degli attori locali.
La traiettoria attuale
Indice sottosezioni:
1.1 Problemi, risorse locali, rischi esogeni ed endogeni
L’area della Valcamonica comprende ecosistemi e paesaggi molto diversi: dal ghiacciaio dell’Adamello che arriva a 3.500 m s.l.m., fino al Lago d’Iseo, la cui flora è l’esito anche di influenze del Mediterraneo. Si tratta di una delle più estese valli delle Alpi Centrali, lunga quasi 100 km, che culmina a nord in tre valichi montani: Passo del Tonale, Passo dell’Aprica e Passo del Gavia. Il gruppo delle Alpi dell’Adamello a est e le Prealpi Orobiche a ovest cingono lateralmente la valle, con il passo del Vivione che permette il collegamento con la Val di Scalve. Questa grande estensione fa sì che la valle sia considerata allo stesso tempo sia prealpina (a sud), sia alpina (a nord), con numerosissime vallate laterali. La valle, inoltre, può essere suddivisa in tre macro-ambiti: l’alta valle, un territorio montano fatto di piccole centralità e fortemente legata al turismo della neve e all’attività sciistica; la bassa valle con le maggiori centralità urbane che ospitano attività economiche e servizi; la media valle, dal carattere più ibrido e indefinito, un contesto che presenta tratti di maggiore sofferenza, benché caratterizzato anche da numerose risorse ambientali. Qui si localizzano soprattutto piccoli centri, con pochi servizi, difficili da raggiungere.
In Valcamonica si evidenzia un doppio fenomeno di polarizzazione demografico-abitativa. Gli abitanti si sono, infatti, spostati, da un lato, dai versanti, dove si localizzano tradizionalmente i centri storici, verso il fondovalle, dove si concentrano i principali servizi, il trasporto pubblico locale (TPL) e i luoghi della grande distribuzione commerciale. Dal punto di vista dei servizi di welfare di base (istruzione e sanità), l’area della Valcamonica si caratterizza per una presenza di buona qualità, seppur non sempre capillare. Inoltre, la popolazione si è spostata dai comuni dell’alta e media valle verso i comuni della bassa valle, con Darfo Boario Terme e Breno (fuori dal perimetro dell’area interna) che rappresentano le polarità più rilevanti. Fa eccezione rispetto a questa dinamica il Comune di Edolo che, sebbene localizzato in alta valle, si configura come una polarità importante, ospitando anche servizi di rango sovralocale, come l’ospedale e l’università.
Dal punto di vista dei flussi di mobilità, la valle è un territorio abbastanza auto-contenuto, in cui si rilevano bassi valori di mobilità in uscita, a fronte di valori elevati in termini di flussi interni. Gli indicatori di mobilità confermano la configurazione di una grande polarità che include i Comuni di Darfo Boario Terme, Esine, Piancogno, Bienno, Berzo Inferiore, che riportano indici di mobilità interna elevati. L’elevato numero di flussi per motivi occasionali rivela la necessità degli abitanti dell’area di spostarsi per usufruire di servizi sanitari, per questioni amministrative o per lo shopping. In particolare, Darfo Boario Terme si conferma come comune polo, essendo quello con il maggior numero di flussi interni (flussi che hanno, cioè, origine e destinazione all’interno del territorio comunale) e di flussi in entrata. Non irrilevanti anche i flussi in entrata per motivi lavorativi o legati al turismo.
Le migrazioni interne hanno portato all’abbandono del patrimonio storico nei centri urbani di media e alta valle in favore di nuove costruzioni, realizzate prevalentemente lungo i principali assi di collegamento e in area pianeggiante. Ad esempio, in alcuni comuni – come a Cerveno – al totale abbandono e degrado del centro storico si è contrapposta la costruzione di una parte nuova del paese, con incremento del consumo di suolo. Gli attori locali segnalano come oggi sia complesso recuperare i centri storici a causa dei costi elevati di manutenzione e delle complesse procedure burocratiche, nonché dei vincoli legati ai beni artistico-culturali. Infine, la situazione è particolarmente critica per alcune frazioni, anche vicine alle maggior polarità, caratterizzate però dal venir meno dei servizi di base e del commercio di vicinato.
I gruppi maggiormente svantaggiati sono i giovani (in calo), gli anziani soli (in crescita) – soprattutto in alta valle – e gli adulti separati; a essi vanno aggiunte le donne, particolarmente colpite dai problemi legati alla conciliazione famiglia-lavoro. Gli attori locali segnalano, inoltre, come il pendolarismo riduca la qualità di vita di chi decide di restare a vivere in valle, mentre per gli studenti universitari spostarsi risulta particolarmente difficoltoso e costoso. Per questo, sono stati attivati alcuni corsi di laurea in valle, che però non sempre incontrano l’interesse dei giovani camuni. Viene, dunque, in particolare, sottolineato come tema cruciale l’abbandono della valle da parte dei giovani che si spostano per motivi di studio e lavoro verso mete maggiormente attrattive e meglio servite.
Inoltre, si evidenzia anche come alcune municipalità si strutturino in numerose frazioni, in condizioni particolarmente critiche perché con una popolazione anziana elevata, poco raggiungibili e con un’accessibilità molto limitata ai servizi essenziali. Rispetto a questo tema, si sottolinea tuttavia come la Valcamonica possa contare su numerosi punti di erogazione dei servizi sociosanitari, soprattutto su un ricchissimo tessuto cooperativo che fornisce cure specialistiche ad anziani e disabili, dando risposta soprattutto alle esigenze legate alla cronicità e sopperendo alle carenze del pubblico. Si tratta di esperienze anche fortemente innovative, come il modello della RSA aperta o le sperimentazioni sull’autismo. In particolare, grazie alla presenza di circa 50 cooperative, il Terzo settore riesce a essere presente in modo capillare e continuativo sul territorio, anche nelle zone più marginali.
La carenza di trasporto pubblico e la ridotta connettività digitale sono temi trasversali, particolarmente critici e percepiti dai diversi attori del territorio. Infatti, nonostante la presenza della linea ferroviaria, la gran parte degli spostamenti avvengono su mezzo privato, con impatti ambientali in termini di congestione ed emissioni. Il tema della digitalizzazione è importante perché, insieme al trasporto, consente l’accesso delle persone alle informazioni. Non è facile, infatti, capire come muoversi nella filiera dei servizi di welfare, specie per gli anziani e gli stranieri, per mancanza di reti tra soggetti e competenze digitali.
Per quanto riguarda il TPL, è spesso difficile raggiungere i poli scolastici superiori, specie in orario pomeridiano e da parte dei giovani dell’alta valle. Per questo, le attività extra-scolastiche sono limitate. Anche il trasporto degli anziani che vivono nei borghi sparsi è un aspetto cruciale da considerare, oggi gestito dal volontariato o dal Terzo settore, come la Pia Fondazione, con costi molto elevati. Benché si riconoscano le potenzialità delle infrastrutture presenti, come il treno, si evidenziano anche problemi legati alla frequenza e comfort del servizio, che ne limitano l’uso da parte dei pendolari per motivi di studio o di lavoro.
Con riferimento alla struttura economica della valle, la manifattura assorbe ancora il numero maggiore di addetti, con più di 7.500 unità nel 2019 (dati ASIA 2019). Tuttavia, il confronto con le altre aree interne evidenzia la rilevanza del settore commerciale, delle costruzioni e ricettivo, in cui la Valcamonica riporta il numero maggiore di addetti per abitante. Tra le attività industriali prevalenti si rilevano la metallurgia e la siderurgia che appaiono, però, in difficoltà, soprattutto nei segmenti meno specializzati e qualificati delle filiere produttive. Il ridimensionamento produttivo ha prodotto numerose aree dismesse, per un totale di circa 700mila metri quadri in valle. Sono, in particolare, nove i siti contaminati a rischio e tredici le aree industriali dismesse in Valcamonica e sul Sebino, da un lavoro di mappatura condotto dal BIM e la Comunità Montana, con il coinvolgimento dell’Associazione Industriale Bresciana, alcuni ordini professionali e associazioni, ATS, Università e Regione. Per intervenire rispetto a questa criticità, è nata nel 2021 la Fondazione “Prossima generazione Valle Camonica Ets”, promossa dalla Comunità Montana di Valle Camonica e dell’Alto Sebino e da Confindustria Brescia.
L’industria, in particolare, lamenta la mancanza di manodopera specializzata e di giovani adeguatamente formati, oltre a uno svantaggio di tipo logistico.
Lo sviluppo industriale è andato di pari passo con la produzione di energia. Lungo la valle, grazie alla presenza dell’Oglio e dei suoi affluenti, si localizzano numerosi impianti idroelettrici, relativi sia a piccole, sia a grandi derivazioni.
Fra le forme economiche emergenti, alcuni recenti cambiamenti nell’assetto economico e climatico hanno portato alla diffusione della produzione vitivinicola. Oggi il 76% della superficie coltivata è dedicata alla viticoltura ed è presente un consorzio IGT, cui fanno capo 13 delle 21 aziende presenti sul territorio.
Il turismo non si può considerare al momento un’attività economica prevalente, sebbene i dati relativi agli addetti nel settore turistico siano in crescita e il numero di offerte su portali quali Airbnb riportino valori superiori alla media in alcuni comuni di alta valle. Da sottolineare che nel perimetro dell’area interna ricade il sito World Heritage - UNESCO Arte Rupestre della Valcamonica (Rock Drawings in Valcamonica), nominato primo sito italiano Patrimonio Mondiale nel 1979 ed elemento centrale nel riconoscimento della forte identità camuna, assieme al ghiacciaio dell’Adamello, altro importante recapito turistico.
Alcuni tratti del modello di sviluppo turistico intensivo tradizionale, centrati sul turismo della neve e sulla diffusione delle seconde case, che incidono sensibilmente sul consumo di suolo in alta valle, dove mancano, invece, i servizi di base, specie nei momenti di maggiore attrattività, ma anche sulle risorse termali in bassa valle, non appaiono riproducibili secondo le traiettorie tradizionali, anche in ragione degli effetti ormai vistosi del cambiamento climatico. Tuttavia, fra gli attori locali emergono visioni contrastanti del modello turistico da perseguire: il consolidamento e potenziamento del turismo della montagna e delle seconde case si scontra con chi vorrebbe investire nell’offerta ambientale e culturale, anche fuori stagione. Gli attori locali segnalano l’assenza di una strategia unitaria di promozione, di un sistema turistico integrato, capace di fare sistema tra le strutture ricettive, ora carenti, e il sistema del trasporto pubblico locale, anche per i visitatori. Serve un’immagine d’insieme che sia capace di unire innovazione e valorizzazione del patrimonio ambientale, storico-archeologico, culturale locale, nonché capitale umano qualificato a sostegno dell’industria turistica. Si riscontra, ad esempio, la frammentazione e la mancanza di coordinamento dell’offerta culturale, nonostante vi siano già alcuni progetti di grande qualità, come “La Valle dei Magli”, con un potenziale di alto artigianato, ancora poco valorizzati in termini economici/turistici/culturali.
Le potenzialità ecologiche ed ambientali sono notevoli. Il 55% della superficie dell’area, infatti, è tutelata da aree protette, molto frequentate, facenti parte della Rete Natura di Valcamonica, costituitasi nel 2012 per svolgere attività di coordinamento e gestione; fra di esse spiccano i Parchi dell’Adamello (regionale), il corridoio ecologico del fiume Oglio, il Parco locale sovracomunale delle Dolomiti camune. L’intera valle è stata, inoltre, designata dall’UNESCO “Riserva della Biosfera di Valle Camonica – Alto Sebino” nel 2018.
Lo sviluppo della ciclabilità, anche in chiave ricreativa e turistica, potrebbe sicuramente avere un impatto positivo sulla cura del territorio e la messa a sistema dei sentieri esistenti, come sperimentato in alcuni territori (vedi Darfo Boario Terme) da piccole comunità di giovani e anziani che hanno riqualificato le rive del fiume a beneficio della mobilità lenta. È necessario, inoltre, lavorare su un sistema di trasporto pubblico integrato che possa intercettare anche i flussi turistici, portandoli in valle dal lago d’Iseo.
Un’ulteriore questione di rilievo è la produzione agricola intensiva in bassa valle: molti terreni sono usati per la produzione di semi, utilizzati come mangimi per grossi animali, o per l’attività latto-casearia che distorce la naturale vocazione della filiera, basata sui piccoli allevamenti di montagna alimentati a foraggio locale, e spinge gli addetti del settore ad aumentare il numero di capi allevati diminuendo la qualità del prodotto. Importante, da questo punto di vista, il rilancio e la valorizzazione del formaggio “Rosa Camuna” come identità e immagine della valle. Un’altra problematica di rilievo è legata alla manutenzione e cura del bosco e delle risorse naturali, come i castagneti, un tempo utilizzati sia per il frutto, sia per l’industria paliera. Tale coltivazione, abbandonata negli anni ‘60 del secolo scorso, con conseguenze negative sulla cura del patrimonio boschivo, oggi è in parte ripresa grazie alla creazione dell’apposito Consorzio. Anche la filiera bosco-legno potrebbe contribuire maggiormente attraverso interventi specifici di valorizzazione e potenziamento.
1.2 Iniziative locali e politiche realizzate
Nel corso della ricerca e dei workshop è emersa la rilevanza di alcune progettualità recenti, attivate o in corso, su differenti tematiche.
Il progetto “Segni di futuro”, promosso dal 2016 da Comunità Montana, BIM e Valle dei Segni e sostenuto da Fondazione Cariplo, ha prodotto un’analisi approfondita dell’area per tematismi, aggiornata con successivi report annuali, con l’obiettivo di avviare una riflessione collettiva sul futuro e sul modello di sviluppo del territorio, avanzando alcune possibili linee di intervento. In particolare, il rapporto finale propone alcune azioni concrete e realizzabili, principalmente attraverso l’attivazione di attori locali e la mobilitazione della società. Un punto di attenzione prioritario riguarda i giovani, da trattenere e attrarre con incentivi e politiche di sostegno a start up innovative per under 30, oltre a un più generale accompagnamento per lo sviluppo di imprenditorialità giovanile e di qualificazione e innovazione delle imprese locali. Particolare attenzione è stata posta al raggiungimento di un quadro sistemico e coordinato rispetto alle politiche giovanili che ha portato all’adozione, da parte della Comunità Montana di Valle Camonica, di un Piano strategico denominato “Verso un Patto per i giovani”.
Un’ulteriore evoluzione è rappresentata dal progetto “C6?! Young in Vallecamonica” rivolto ai giovani, che ha coinvolto l’Azienda Territoriale per i Servizi alla Persona, alcuni giovani amministratori locali, i comuni, gli operatori del Terzo settore e varie realtà educative camune con l’obiettivo di proporre attività per la fascia 12-20 anni.
Anche il progetto “Coltiviamo il futuro” promosso dal Bio-distretto della Valle Camonica, una rete di associazioni e istituzioni molto partecipata a livello locale, è finalizzato a rendere la valle più attrattiva per i giovani, costruendo opportunità lavorative e abitative sostenute da forme di mobilità e connettività adeguate. Le proposte muovono da esperienze già avviate, quali: l’inserimento di persone svantaggiate nell’agricoltura con il coinvolgimento della Cooperativa K-pax; il recupero di aree agricole da parte del Comune di Malegno e il loro affidamento in comodato d’uso agli agricoltori; l’esperienza organizzativa dei cammini Via Valeriana e Carlo Magno; l’accordo tra Slow Food “Valcamonica” e l’associazione dei ristoratori per l’utilizzo dei prodotti del territorio nella ristorazione; l’associazione “Coda di Lana” per l’utilizzo creativo della lana di pecora nei manufatti e nella bioedilizia.
La Valcamonica è coinvolta, inoltre, nel progetto “DAD – Differenti Approcci Didattici” (sostenuto da Fondazione Con i Bambini e Fondazione Cariplo) che punta a contrastare il digital divide e la disuguaglianza di opportunità educative per i giovani di età 11-17 anni. Le azioni previste partono dal potenziamento delle infrastrutture digitali, dentro e fuori la scuola.
Un’iniziativa di qualità e interesse è rappresentata da “Ca’Mon”, centro di Comunità per l’arte e l’artigianato della montagna, ospitato dal 2021 nell’ex-asilo di Monno, oggetto di un intervento di restauro conservativo. Il centro è aperto grazie alla volontà della Comunità Montana di Valle Camonica, del Comune di Monno e della cooperativa sociale “Il Cardo” di Edolo, a cui ne è affidata la gestione, e grazie al contributo di Fondazione Cariplo erogato attraverso il bando “Beni aperti” del 2018. Il centro realizza numerose attività per bambini (doposcuola, laboratori), disabili e cittadini, spesso in collaborazione con artisti (che possono fermarsi in residenza) e che prevedono il recupero di tecniche artigianali tradizionali.
Un’altra esperienza innovativa di valorizzazione territoriale, dove si organizzano eventi culturali e di valorizzazione delle pratiche e dei saperi di montagna, è rappresentata dalla “Casa del Parco Adamello”, un progetto condotto da Avanzi Discover a Cevo, comune della Val Saviore prossimo all’area interna. Si tratta di uno spazio multifunzionale che ospita servizi ricettivi e ricreativi. Sempre nel Parco dell’Adamello è in corso la valorizzazione degli alpeggi, con annesse strutture ricettive che siano sostenibili e rappresentino modelli economici virtuosi, promuovendo anche la formazione di nuove figure professionali. Si segnala il “Centro MACIL” sulla pastorizia che dispone di 3 malghe in quota per le quali sono stati attivati finanziamenti regionali con l’iniziativa “Malga 2.0”. Anche il bando “Rifugi” è intervenuto in questo senso, finanziando 14 rifugi.
Sul fronte dei servizi di welfare, si segnalano anche alcuni progetti di housing sociale, come l’acquisto e trasformazione di un immobile a Malegno per l’autonomia abitativa di anziani e disabili.
Grazie al Bando Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione (FAMI) 2014-2020 è stato realizzato “Integrarsi in Valle Camonica”, un sito internet in più lingue volto a far conoscere a persone con cittadinanza di Paesi terzi i servizi del welfare della Valcamonica.
Per quanto riguarda il commercio di prossimità, le cooperative locali hanno già avviato sperimentazioni di negozi di vicinato a Pezzo, Carù e Incudine. In dieci comuni, inoltre, la catena commerciale CRAI è stata coinvolta per fornire un servizio commerciale (limitato a 4 ore al mattino) in spazi messi a disposizione dalle amministrazioni locali.
Incentrato sul recupero del patrimonio storico è il progetto “Vione Laboratorio Permanente”, sostenuto da Fondazione Cariplo, che intende sperimentare azioni e funzioni rigenerative che si consolidino in nuovi percorsi di sviluppo per tutto il paese.
Poiché si riscontra un problema diffuso di accessibilità ai servizi, in particolar modo nelle valli laterali, è stato recentemente predisposto il progetto di mobilità integrata “Move in green” che prevede la possibilità di interscambio con bici elettriche e un van in sei stazioni ferroviarie lungo la tratta Iseo-Edolo, fra cui Edolo, Cedegolo, Capo di Ponte, Darfo Boario Terme. Orientato alla mobilità attiva è anche il progetto “Una Valle Ciclabile”, promosso da Bio-distretto Valle Camonica, Fondazione Cariplo e Legambiente Valcamonica, che intende motivare i cittadini a usare la bicicletta attraverso un gioco a premi e attività di formazione e sensibilizzazione, con ricadute positive sul benessere ambientale e la salute psicofisica. Sempre in riferimento alla ciclabilità, il progetto “Alta via del cielo”, promosso dalla Comunità Montana, consiste nella realizzazione di un percorso ciclabile in quota da Darfo Boario Terme al Passo del Tonale, mentre il bando “Itinerari” ha assegnato contributi per la manutenzione straordinaria e la realizzazione di nuovi tratti della rete escursionistica, della rete viaria di servizio alle attività agro-silvo-pastorali nonché di percorsi ciclopedonali e ciclabili.
Relativamente alla questione ambientale, numerosi sono i finanziamenti erogati (si vedano i bandi AxEL, RI-GENERA, Illumina, ad esempio) all’area interna sui temi della messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico, di infrastrutture, di edifici pubblici, efficientamento energetico e creazione di comunità energetiche. Il bando “Terrazzamenti 2020” sostiene, invece, interventi di sistemazione e di ripristino dei terrazzamenti e dei muretti a secco, nonché interventi di prevenzione del dissesto idrogeologico e di ripristino colturale.
Per quanto riguarda il mondo imprenditoriale, nel 2021 è stata costituita la Fondazione “Prossima generazione Valcamonica Ets”, promossa dalla Comunità Montana di Valle Camonica, BIM e da Confindustria Brescia, con l’obiettivo di rilanciare la produttività della valle e sviluppare percorsi economici innovativi a partire dal recupero delle aree dismesse di piccole e grandi dimensioni.
Rispetto, invece, alla decarbonizzazione della valle, si ricorda l’importante progetto “H2iseO Hydrogen Valley”. Insieme all’intervento sull’industria energivore e alla sostituzione dei treni, è prevista la realizzazione di uno o due impianti di produzione di idrogeno nella zona di Brescia e/o di Edolo entro il 2025. Nel corso della terza fase, infine, sarà possibile utilizzare l’idrogeno prodotto dagli impianti per altri veicoli oltre al treno, a partire dalla mobilità pubblica su gomma.
1.3 Tendenze dell’area senza interventi
Lo scenario attuale vede confermata la forte polarizzazione nel fondovalle, in particolare in alcuni centri interni all’area, come Darfo Boario Terme ed Edolo, o esterni, come Breno. È qui, infatti, che sono concentrati i servizi sanitari ed educativi di scala sovra-locale, oltre ai luoghi della grande distribuzione commerciale. A risentirne sono soprattutto i centri minori in media valle, ma anche le frazioni dei poli, che sperimentano processi di spopolamento, desertificazione e abbandono del patrimonio storico. Nonostante le reti di comunità ancora molto forti, infatti, le popolazioni più fragili che abitano questi piccoli borghi, come anziani, giovani e donne, si sentono spesso isolate, impossibilitate a spostarsi in modo autonomo. I servizi esistenti sono di buona qualità e talvolta all’avanguardia, ma manca un coordinamento tra gli attori, che porta a sovrapposizioni o duplicazioni. Inoltre, gli attori del privato sociale sono poco coinvolti in attività di co-progettazione e co-gestione. Si segnala una situazione critica sul fronte del reperimento di personale sociosanitario.
La ridotta accessibilità è una delle maggiori criticità dell’area. Da un lato, l’infrastruttura ferroviaria è datata e obsoleta. Per questo il servizio offerto è limitato e poco utilizzato da residenti e visitatori, benché le stazioni siano facilmente raggiungibili dai centri urbani di fondovalle. Ciononostante, è prevista la modernizzazione dei vagoni e la trasformazione in linea a idrogeno, non senza alcune importanti criticità rilevate dagli attori locali. Dall’altro lato, manca un sistema integrato ferro/trasporto pubblico nel fondovalle, mentre sono carenti i collegamenti con le valli laterali. A questo si cerca di ovviare con alcuni progetti legati alla mobilità ciclabile, sharing ed elettrica. I progetti adottati appaiono tuttavia troppo limitati, mentre gran parte del trasporto sociale è affidato al Terzo settore e al volontariato, anch’esso soggetto a invecchiamento e indebolimento. La carenza di un efficiente trasporto pubblico ha come conseguenza l’utilizzo diffuso del veicolo privato, da parte soprattutto dei lavoratori e dei visitatori, con elevati fenomeni di congestionamento e inquinamento dell’aria, non risolti dalla creazione di varianti stradali, o il trasferimento di quote di popolazione, come gli studenti universitari. Gli interventi sulla ciclabilità sono rilevanti in termini quantitativi e di finanziamenti, ma non sembrano in grado di portare, da soli, a uno shift modale, sebbene possano rappresentare una risorsa cruciale per sostenere e ampliare il cicloturismo e il turismo sportivo. La carenza di percorsi e sentieri, combinata con la mancanza di percorsi educativi specifici per formare figure professionali orientate alla cura del patrimonio naturale, inoltre, concorre al progressivo abbandono delle aree boschive.
Se, per quanto riguarda la mobilità, la bassa valle appare come l’area meno critica in termini di accessibilità, da un punto di vista di qualità del paesaggio urbano, essa è probabilmente la più degradata, poiché segnata non solo da siti produttivi dismessi, da bonificare, ma anche da disordine urbanistico e congestione.
Due recenti Patti Territoriali, inoltre, puntano sull’economia sciistica, portando nuove risorse a questi territori: con il Patto Territoriale del Monte Altissimo (17 mln €) si intende finanziare l’adeguamento tecnologico e funzionale degli impianti e delle infrastrutture esistenti per la pratica sportiva delle discipline invernali, oltre al rinnovamento e adeguamento dell’offerta di servizi sulle piste, accoglienza e ristoro. Con il Patto Territoriale di Montecampione (circa 13 mln €), invece, si intende rilanciare il comprensorio sciistico attraverso interventi di ammodernamento degli impianti al fine di contrastare lo spopolamento della montagna, mantenere e sviluppare il sistema economico e turistico e i suoi livelli di occupazione, con particolare attenzione a quella giovanile e femminile.
La traiettoria desiderabile
Indice sottosezioni:
2.1 Introduzione
Nel testo che segue si presenta sinteticamente una possibile agenda strategica per l’area della Valcamonica. L’agenda è organizzata in tre corsi d’azione capaci di orientare l’area verso una traiettoria maggiormente desiderabile nel medio e lungo periodo, rispondendo alle criticità e alle tendenze negative individuate in precedenza. La loro individuazione, come i loro contenuti, sono l’esito sia della raccolta dei bisogni degli attori locali, per come si sono manifestati nel corso degli incontri, sia delle analisi realizzate in precedenza dal gruppo di ricerca. Essi fanno leva non solo sullo sviluppo delle vocazioni territoriali già esistenti e radicate e sugli attori già presenti e attivi nel territorio, ma anche sull’attivazione di risorse scarsamente visibili e utilizzate, nonché sull’emersione di nuovi attori e il coinvolgimento di soggetti oggi operanti in altri territori.
Risulta, inoltre, necessario un sistema di governance che più efficacemente possa portare avanti una strategia integrata, unitaria, condivisa per l’intera area della Valcamonica: la grandissima parte dei problemi e delle opportunità discusse, infatti, non possono essere trattati alla scala di un singolo Comune, di qualsiasi dimensione esso sia. La Comunità Montana è riconosciuta come importante risorsa da numerosi soggetti locali ed è l’ente che meglio potrebbe governare il processo di coinvolgimento degli attori locali, la definizione della strategia locale e il governo degli interventi. È, inoltre, fondamentale che i soggetti pubblici, a vari livelli, collaborino con il mondo associativo, cooperativo e del Terzo settore che già operano attivamente sul territorio e che, oltre a conoscere i bisogni dei cittadini, potranno anticiparne le richieste, partecipando attivamente alla programmazione e alla progettazione di politiche e interventi. Si auspica, dunque, l’attuazione di un processo di co-progettazione inclusivo, che preveda numerosi momenti di confronto e discussione pubblica, come avviato con il percorso locale condotto da Regione Lombardia e DAStU – Politecnico di Milano.
2.2 Tre possibili corsi d’azione
2.2.1 La montagna di mezzo
Tra le maggiori criticità evidenziate dal percorso locale, è stata sottolineata la scarsa attrattività della media valle, un territorio ricco di risorse naturali, culturali, sociali ma fragile, in cerca di una propria identità. Si tratta di un contesto attraversato da consistenti flussi di traffico, ma con pochi scambi locali. Un ambito fatto di piccoli nuclei urbani in spopolamento, con centri storici poco vitali, edifici abbandonati, desertificazione commerciale e riduzione dei servizi di base, nonché condizioni di difficile accessibilità e connettività. Un contesto ricco in termini di biodiversità ma frammentato da un punto di vista fondiario, sebbene potenzialmente interessante per il rilancio dell’attività agricolo-alimentare, ricreativa e turistica. È su questo territorio che si concentra l’attenzione del Bio-distretto della Valle Camonica e di altri soggetti del territorio, desiderosi di prendere parte attiva allo sviluppo della valle in chiave sostenibile.
Il primo corso di azione si concentra, dunque, su questo ambito, ritenuto strategico per immaginare il futuro dell’intera valle, in connessione e sinergia anche con i contesti di bassa e alta valle.
La montagna di mezzo prevede interventi che riguardano il potenziamento dei servizi di base attraverso la creazione di punti di accesso, in connessione con spazi commerciali di prossimità, dalla forte vocazione sociale; interventi di sostegno ad attività agricole multifunzionali, legate anche al turismo rurale; investimenti sulla connettività e su pratiche di mobilità alternativa, nonché il forte coinvolgimento del privato sociale, specie in ambito sociosanitario.
Più in dettaglio si propone:
- La riqualificazione di edifici pubblici nei centri storici, da adibire a “Centri servizi/info point polifunzionali” che possano garantire l’accesso ai servizi e alle informazioni grazie alla presenza di un facilitatore. Tali strutture potrebbero offrire servizi sociosanitari “minimi” (come il Centro Unico di Prenotazione, il centro vaccinale o un punto di telemedicina), rappresentare luoghi di aggregazione e socialità per anziani e popolazioni fragili, integrandosi anche con attività commerciali con finalità sociali (botteghe di comunità), che potrebbero offrire servizi di informazione anche ai visitatori. In rete con attrezzature sociosanitarie, culturali e ricreative esistenti, come le biblioteche, le Case di Comunità, i centri sociali, le parrocchie, ma anche i mercati, queste strutture promuoverebbero la rigenerazione dei centri storici, come sperimentato a Vione, e dovrebbero essere accessibili con il trasporto pubblico, fisicamente connessi a una fermata principale e facilmente riconoscibili da cittadini e visitatori, oltreché connessi alla banda ultra-larga. Secondo la stessa logica, è possibile immaginare anche “Hub di comunità” in immobili pubblici recuperati per la promozione di attività educative e ricreative per bambini e giovani (doposcuola, laboratori, centri estivi, ecc.), come sul modello di Ca’Mon a Monno, e che coinvolgano anche gli anziani per stimolare relazioni intergenerazionali.
- Il recupero di edilizia storica nei centri urbani per alloggi in affitto a basso costo destinati ad anziani parzialmente autosufficienti assistiti, professionisti o giovani famiglie con iniziative di social housing pubblico, silver co-housing, housing intergenerazionale; incentivi e facilitazioni; formazione in bioedilizia e auto-recupero che coinvolgano anche le scuole del territorio, in primis l’istituto tecnico Olivelli-Putelli di Darfo Boario Terme, sia nella progettazione, sia nella riqualificazione degli edifici con periodi di stage formativi sul campo, riconosciuti dal sistema formativo regionale. Per incentivare l’accoglienza turistica, la riqualificazione dei centri storici potrà riguardare anche progetti di ospitalità diffusa, con il coinvolgimento dei residenti proprietari degli immobili. Tale azione potrà estendersi a tutta la valle, con una declinazione specifica riservata agli alpeggi come strutture ricettive multifunzionali. In generale, è bene sostenere l’integrazione tra servizi per i residenti e i visitatori attraverso la creazione di spazi multifunzionali e la formazione di operatori specializzati.
- La creazione di un Tavolo/osservatorio sociosanitario permanente tra operatori della sanità pubblica e delle politiche sociali e del privato sociale per facilitare la moltiplicazione dei punti di accesso e di servizio (punto 1) e la loro co-progettazione, riducendo al contempo la competizione tra i due sistemi, specie in ambito lavorativo. Il settore sociosanitario è importante per il lavoro e l’economia locale, specie per l’occupazione femminile, da potenziare a livello di formazione specialistica e verso il quale investire specifiche risorse, come borse di studio e sussidi. Le azioni del Tavolo potranno essere sperimentate innanzitutto in media valle, per andare poi a estendersi a tutta l’area interna. Fra queste, è possibile immaginare la promozione di figure di intermediazione a sostegno delle famiglie, come il maggiordomo rurale, la badante e la babysitter di comunità, attraverso corsi di formazione, la predisposizione di piattaforme di reclutamento e incontro tra domanda/offerta, il coordinamento dei diversi servizi di trasporto sociale.
- La sperimentazione di forme innovative di mobilità, come il servizio a chiamata, che possa dare risposta alle esigenze di spostamento della popolazione non autonoma che vive nei nuclei sparsi, fornendo al contempo un servizio di consegna di prodotti di base provenienti dal fondovalle, coinvolgendo le cooperative e le società di trasporto già presenti e operanti sul territorio; o di servizi e punti vendita ambulanti, che si spostano sul territorio per raggiungere gli utenti. Lo stesso mezzo potrebbe essere utilizzato a fini turistici, in modo complementare, sul modello svizzero del “Bus alpin”, in modo da garantire il servizio 7 giorni su 7. In quest’ottica le stazioni del treno in media valle ricoprirebbero un ruolo di interscambio e piccolo “hub di mobilità”, dove poter trovare un centro di informazione turistica, il punto di ricarica e-bike, il noleggio bici, la ciclofficina, ma anche piccoli servizi rivolti alla comunità locale (come la posta o uno sportello bancario automatico).
- Il sostegno alla nascita di aziende agricole multifunzionali attraverso incentivi e agevolazioni fiscali; l’accorpamento di proprietà fondiarie, specie se abbandonate, e la loro cessione in comodato d’uso agli agricoltori; reti di scambio di conoscenze e semi, secondo una logica di filiera tra agricoltori; riconoscimento economico di servizi eco-sistemici o sociali (es. agri-asilo) agli agricoltori; attività di formazione sul campo per i giovani agricoltori; reti tra produttori e consumatori locali, compreso il mondo della ristorazione; forme di inserimento lavorativo di persone fragili o attività ricreative per anziani, bambini, giovani; accompagnamento per attività agroturistiche/eco-campeggi che offrano servizi di qualità ai visitatori (alloggio, ristorazione, esperienze, pacchetti, ecc.). In ambito agricolo, la media valle può rappresentare anche un ambito pilota, di sperimentazione di tecniche o colture di aumento della biodiversità, come il recupero della coltivazione della castagna.
2.2.2 Muoversi attraverso la valle
Una delle criticità riportate in modo trasversale nel corso del percorso locale riguarda la difficoltà nello spostarsi tra ambiti di fondovalle, terre alte e convalli. Emerge in modo chiaro la mancanza di coordinamento tra i diversi gestori dei sistemi di trasporto pubblico (locale e ferroviario), con una moltiplicazione delle linee di trasporto pubblico lungo il fondovalle (trasporto ferroviario e TPL) e una carenza generalizzata di linee trasversali, anche di adduzione al treno. Questo problema evidenzia la necessità di una regia condivisa dei servizi di mobilità alla scala dell’intera valle. Questo tema può essere affrontato principalmente in quattro modi:
- Ridurre gli spostamenti dei residenti: da un lato, incrementando l’accessibilità di prossimità ai servizi quotidiani, attraverso la creazione di poli di attrezzature integrati (spazi come i centri educativi 0-6 che offrano servizi educativi, ma anche sociosanitari per le famiglie, specie per le donne) e i già citati centri servizi/info point polifunzionali nei centri urbani, anche riqualificando gli spazi pubblici a misura di bambino e anziano (abbattimento barriere architettoniche, sicurezza, riconoscibilità); dall’altro, per i servizi di rango territoriale come le scuole secondarie di secondo grado, immaginandole come “campus” ove fermarsi oltre l’orario scolastico per svolgere attività extra-curriculari di tipo culturale, ricreativo e sportivo, in un’ottica di riduzione della povertà educativa. Tale investimento permette anche di dare risposta alla mancanza di spazi di aggregazione giovanile, concentrando l’offerta per raggiungere una massa critica sufficiente all’organizzazione di proposte di qualità e anche alla socializzazione e all’incontro tra diversi. Tale proposta richiede servizi e attrezzature specifiche, come la mensa, per consentire ai ragazzi di fermarsi nell’arco dell’intera giornata, o anche alloggi per studenti (convitto, housing). Altri spazi come auditorium, palestre, spazi sportivi, laboratori, sono già presenti all’interno degli istituti e possono essere aperti a tutta la comunità in modo da rappresentare centri di aggregazione locale e promozione culturale. Importante anche organizzare un apposito servizio di “pre-scuola” per consentire di accogliere gli studenti che arrivano molto presto, come quelli di alta valle. Per quanto riguarda la mobilità, ripensare la frequenza del trasporto pubblico, andando oltre le fasce orarie scolastiche più tradizionali. Ciò consentirebbe anche di potenziare l’offerta formativa per adulti, quali corsi serali o corsi di italiano per stranieri, nonché aumentare l’attrattività dei corsi di laurea, come quelli di UniMont, anche per studenti che provengono da altri territori.
- Ridurre gli spostamenti dei visitatori, potenziando l’uso del treno e del mezzo pubblico per raggiungere le località turistiche e le seconde case dell’alta valle al fine di incentivare un turismo ecologico e sostenibile, limitare il passaggio delle autovetture e le conseguenti emissioni in valle e riducendo il congestionamento nei periodi di picco turistico. Questa azione richiede una pianificazione del trasporto pubblico di scala sovra-territoriale, di natura provinciale o, meglio, regionale. A livello locale, tuttavia, è opportuno immaginare un nuovo modello turistico per l’alta valle, che non imponga continui spostamenti individuali in auto, con la creazione di servizi commerciali più distribuiti o ambulanti (anche stagionali o temporanei), il sostegno alla multifunzionalità delle strutture agricole (km0), il potenziamento della rete di percorsi pedonali e ciclabili (entro cui prevedere, in particolare, percorsi ad anello), la promozione di pacchetti turistici e attività di gruppo, l’organizzazione di navette e transfer sul territorio (verso gli impianti sciistici, per esempio) e tra il territorio e i suoi principali punti di accesso, come l’aeroporto di Orio al Serio, il Trentino o il Parco dell’Adamello. Tutto ciò si lega a un progetto di qualificazione e potenziamento dell’alta valle più generale, che riguarda anche azioni di scala vasta per favorire la destagionalizzazione, incrementare la biodiversità con la creazione di filiere corte e sostenere l’economia di montagna.
- Lavorare su un sistema di mobilità integrata più efficiente, con il potenziamento di centri di interscambio treno/gomma e con la revisione di alcune linee di valle, ma anche l’integrazione bici/bus per residenti e visitatori. Affinché sia possibile realizzare questa integrazione si rende necessario un sistema di progettazione e gestione integrata della mobilità alla scala della valle, mediante dei Tavoli di confronto permanenti tra i diversi attori locali e sovralocali ma anche attraverso la definizione di un “Piano di mobilità di Valle” che pianifichi in modo univoco il tragitto e la frequenza delle corse, coordinando il sistema di trasporto su ferro, quello su gomma tradizionale che, partendo dalle stazioni ferroviarie/piccoli hub locali di mobilità, potrebbe essere distribuito lungo i principali assi trasversali e i servizi a chiamata. Allo stesso tempo, il Piano potrebbe definire quei percorsi ciclopedonali prioritari da riqualificare per permettere una più agevole mobilità quotidiana (specie per il raggiungimento delle fermate del treno e delle dotazioni pubbliche), ma anche una mobilità turistica lungo percorsi preferenziali. Si sottolinea, inoltre, la necessità di piattaforme MaaS che permettano di conoscere le diverse opzioni di spostamento disponibile.
- Potenziare la ciclabilità e soprattutto la mobilità elettrica, attraverso incentivi e facilitazioni per l’acquisto di bici private; sistemi di sharing, come già sperimentato dal progetto “Move in Green”; incentivando la riqualificazione di percorsi ciclabili e la creazione di sistemi di connessione trasversale, anche a beneficio del turismo sportivo ed estivo, già sviluppato lungo la ciclovia dell’Oglio, il cui percorso connette la Valcamonica con il lago d’Iseo, attraversa la Franciacorta fino a raggiungere il fiume Po; la creazione di infrastrutture per la ciclabilità (ciclofficine, ciclostazioni, ecc.) e la diffusione di servizi di accoglienza per cicloturisti, specie nei contesti dall’elevata caratterizzazione ambientale, da valorizzare per usi ricreativo-fruitivi; la sensibilizzazione dei cittadini, a partire dalle scuole dell’infanzia, con la realizzazione di attività di formazione specifici per gli insegnanti, l’acquisto di “flotte scolastiche”, la promozione di servizi di bicibus nei centri urbani per raggiungere la scuola, l’organizzazione di eventi ludico-ricreativi per bambini e famiglie.
2.2.3 Efficientare e riqualificare la valle
La Valcamonica, in particolare negli spazi di bassa valle, si caratterizza per condizioni di degrado e disordine che rendono poco efficiente e sostenibile il funzionamento del sistema territoriale, oltre a rappresentare elementi critici per la qualità di vita di chi abita la valle e per la sua attrattività per chi la frequenta, accedendo proprio dalle zone più urbanizzate e industrializzate. Per questo, è opportuno prevedere interventi di riqualificazione urbana che includano, in primis, il recupero delle aree dismesse e, la riforma delle zone produttive ancora in funzione, da rendere più efficienti, sostenibili e con condizioni ambientali migliori per lavoratori e visitatori, oltre che interventi di risistemazione dello spazio pubblico e dello spazio della mobilità. Efficientare e riqualificare la Valle prevede diverse azioni:
- Interventi di riqualificazione delle reti di mobilità e dello spazio pubblico della strada attraverso azioni di deimpermeabilizzazione e rinaturalizzazione a scala urbana e suburbana (ad esempio lungo la SP510 e la SP294), prestando attenzione alla continuità dei percorsi pedonali, alla piantumazione di essenze arboree lungo gli assi principali, all’incremento delle superfici permeabili per la riduzione dell’isola di calore. Infine, particolare attenzione lungo queste reti deve essere rivolta all’individuazione e al design delle fermate del trasporto pubblico locale, rendendole un elemento riconoscibile per tutta la valle e progettandole come luoghi dell’abitare e non solo del transito, in connessione con le principali attrezzature pubbliche.
- Riconversione del patrimonio industriale dismesso con destinazioni culturali e sociali e costruzione di centri di aggregazione locale, azioni di deimpermeabilizzazione e rinaturalizzazione di alcune aree.
- Progettazione di nuove aree ecologicamente attrezzate come modello di riforma dell’insediamento produttivo, in zone di facile accesso, che includa un ripensamento dei sottoservizi e delle infrastrutture di logistica, la progettazione degli spazi privati delle imprese, la definizione di un regolamento edilizio condiviso a scala sovra-comunale, come sperimentato nelle Langhe. Un’attenzione specifica deve riguardare i temi della mitigazione e dell’adattamento al cambiamento climatico. Creazione di comunità energetiche che perseguano un approccio di economia circolare, chiudendo il cerchio dei processi di produzione e consumo a livello locale. Creazione di piccoli “tecnopoli” a servizio delle imprese e per il trasferimento di conoscenza tra mondo della ricerca e aziende, come sperimentato dalla rete emiliano-romagnola.
- Riqualificazione del patrimonio abitativo-ricettivo dismesso sia in alta, sia in bassa valle. In dettaglio: in bassa valle si rilevano alcune strutture alberghiere dismesse, mentre in alta valle si riporta la presenza di numerose seconde case totalmente o parzialmente inutilizzate. Se in bassa valle si può immaginare un riutilizzo volto a usi residenziali alternativi come co-housing per anziani e studenti, oppure residenze temporanee per migranti, prestando particolare attenzione a creare spazi comuni e spazi aperti di socializzazione e svago, in alta valle il vasto patrimonio di seconde case sottoutilizzato può essere impiegato per uso ricreativo-turistico. In questo senso la proposta è quella di progettare forme di riutilizzo di questo patrimonio orientato anche a determinati gruppi sociali caratterizzati da condizioni di svantaggio – anziani a basso reddito, bambini e adolescenti a basso reddito, famiglie monogenitoriali – che esprimono una domanda di ricreazione e villeggiatura che, specie per i primi, si fa particolarmente pressante in riferimento alle sempre più difficili condizioni climatiche nelle grandi aree urbane di pianura durante l’estate. Anche in questo caso è opportuno che la progettazione tenga in considerazione le esigenze degli utilizzatori, come il superamento delle barriere architettoniche. Inoltre, qualora il bene dismesso ricada in zone di pregio o di rischio ambientale, la demolizione senza ricostruzione potrebbe essere un’opzione per favorire la rinaturalizzazione dell’area, eventualmente da rendere accessibili a usi pubblici. In tutti i casi, considerato che la proprietà degli immobili è prevalentemente privata, si dovrebbe prevedere una governance molto articolata, che includa attività di coinvolgimento dei proprietari attraverso meccanismi esortativi e di incentivazione.
- Favorire l’uso di energie rinnovabili, non solo attraverso il miglior sfruttamento delle piccole derivazioni idroelettriche per la creazione di comunità energetiche locali, ma anche la gestione più efficiente della filiera bosco-legno per la biomassa, secondo il modello alto-atesino. Si tratta di linee d’azione già avviate, da perseguire e da mettere in dialogo con le azioni più minute, legate al recupero edilizio, così come con le politiche ecologico-ambientali e per l’incremento della biodiversità, soprattutto in alta valle. Si tratta di una linea di riflessione innovativa, coerente agli obiettivi delle politiche europee, che può ben rientrare nel sistema formativo di eccellenza presente in Valle (Unimont), legandosi a progetti di ricerca e partenariati specifici.
La natura strategica dell’Agenda
Indice sottosezioni:
I corsi d’azione indicati hanno una natura strategica per una varietà di ragioni.
La prima risiede nell’interrogarsi su come migliorare la disponibilità di soluzioni abitative e di servizi locali adeguati a migliorare la capacità dell’area a trattenere popolazione in età attiva, che appare decisiva per la preservazione dei servizi essenziali, anche mediante la necessità di coordinare i diversi attori e le diverse scale della governance dei servizi, e a dare risposta a esigenze di gruppi sociali e territori oggi marginali.
In connessione a ciò, la seconda è inerente al miglioramento delle condizioni di abitabilità e di benessere fisico e sociale per chi vive nei centri urbani di fondovalle, che possono diventare più qualificati e attrattivi.
La terza risiede nel trattare uno dei problemi più difficili seppur decisivo per gli equilibri complessivi del territorio, ovvero l’abbandono di una sua porzione consistente e ricca di potenziale – la montagna di mezzo –, sempre più importante nella prospettiva della resilienza ai cambiamenti climatici per via della crisi delle economie tradizionali che prima la governavano, curavano, abitavano.
La quarta riguarda la proposta di azioni che concorrono alla diversificazione del modello economico locale, puntando sul potenziamento e sulla sperimentazione di specializzazioni innovative e sostenibili, come l’agricoltura biologica e le attività ricreativo-ambientali, legate al turismo lento.
Queste quattro leve proposte nell’agenda sono fortemente sinergiche: la riattivazione dei patrimoni immobiliari per una domanda sociale di villeggiatura e ricreazione oggi non espressa sostiene la riattivazione dei patrimoni naturali permessa dall’investimento sulla cura del territorio in via di abbandono e lo sviluppo della filiera bosco-legno; l’investimento sulle politiche abitative è funzionale a sostenere meglio i servizi, dalla cui qualità dipendono in particolar modo le condizioni di vita dei territori e degli abitanti, soprattutto dei gruppi sociali più marginali; l’investimento su un sistema di mobilità flessibile, da programmare alla scala dell’area, permette una migliore raggiungibilità e coesione del territorio sia per la vita quotidiana degli abitanti, sia per quella dei visitatori. Queste quattro leve hanno un’ulteriore dimensione, ad esse trasversale e che appare egualmente strategica, ovvero la formazione di nuove competenze locali, attraverso un investimento sulle persone, e in particolare sui giovani, come capitale umano attraverso il quale costruire nuove forme di cooperazione locale; riscoprire e riattivare patrimoni territoriali oggi sottoutilizzati; costruire, dal basso, nuove istituzioni e attori locali. Dal punto di vista della distribuzione dei benefici sociali e territoriali, l’agenda propone di concentrare gli sforzi in direzione di alcuni gruppi sociali e alcuni contesti. Gli anziani in condizioni di maggiore perifericità, i bambini e i giovani nella fase di transizione dall’istruzione all’occupazione, i nuclei familiari in età attiva hanno centralità nell’agenda, sia per ragioni di giustizia, sia per ragioni di efficacia degli interventi nel rendere possibile una flessione positiva della traiettoria dell’area.