Lario Orientale – Valle S. Martino e Valle Imagna / Agenda strategica
L'agenda strategica dell'area del Lario Orientale – Valle S. Martino e della Valle Imagna
strategy
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share_location 343 km²
gavel 41 comuni
groups_2 135.299 abitanti
Chiusura documento: 12/09/2024
Indice sezioni:
Le aree interne lombarde costituiscono un mosaico territoriale fatto di diversità produttiva, culturale, sociale, ambientale, paesaggistica. La forte diversificazione produttiva, in particolare, è uno dei fattori che ne qualifica la diversità territoriale: nelle aree interne lombarde si praticano, nello spazio di pochi chilometri, l’agricoltura di montagna, l’artigianato e la manifattura, la ricreazione ed il turismo.
Oggi queste aree si trovano di fronte a una varietà di punti di rottura, che segnalano la necessità di ripensare e ri-orientare la propria traiettoria in direzione di un futuro più desiderabile perché più giusto e sostenibile, e quindi più abitabile. Crisi correnti, crescenti e fra loro intimamente connesse, quali quelle che manifestano l’avanzare del cambiamento climatico – la siccità o lo scioglimento dei ghiacciai alpini - oppure quelle che manifestano la crisi del modello di sviluppo ereditato – lo spopolamento di alcune porzioni del territorio o il declino di alcuni settori produttivi - indicano la necessità per gli attori locali di riconoscere tali punti di rottura, e di renderli oggetto di intervento e soprattutto di progetto.
Tale progetto, per rivelarsi efficace, non può che muovere dal riconoscimento della diversità di ogni territorio. Diversità che va difesa, sviluppata e proiettata nel futuro in alternativa a qualsiasi monocultura economica e territoriale che, come tale, in un mondo sempre più interdipendente è fonte di rischi crescenti. Pur in un quadro difficile, ogni territorio può e deve cercare il proprio percorso, che non sia il replicare modelli altri e che definisca le condizioni e le forme di una prosperità possibile.
Le aree interne lombarde continuano, in gran parte, a essere capaci di trattenere quote significative di popolazione. Tuttavia, sappiamo che al loro interno questa va polarizzandosi, nelle valli come nei centri maggiori. Per correggere questi squilibri e migliorare le condizioni concrete di abitabilità sia per chi già ci vive – e in particolare i più fragili - sia fra chi vorrebbe poterci vivere è sempre più necessaria una diversa organizzazione territoriale. Questo significa operare – soprattutto attraverso una nuova politica dei servizi e della casa - per stabilizzare, se non aumentare, la popolazione dove ve ne siano condizioni e possibilità, ed egualmente progettare nel tempo medio un futuro e delle vocazioni diversi dove tali condizioni e possibilità non sono presenti.
Le aree interne lombarde sono innervate da saperi e conoscenze diffusi, alcuni ancora vitali, alcuni in declino e altri ancora da creare e far rinascere perché necessari per il futuro. Questi saperi sono di frequente diffusi e riprodotti da importanti istituti di formazione e istruzione, altre volte da altri attori locali e dal sistema sociale nel suo complesso. Tuttavia, tali saperi e tali conoscenze non riescono ad arrivare all’insieme della popolazione, determinando così l’esclusione di alcuni gruppi sociali, né sono sempre sufficienti a rispondere alle aspettative delle giovani generazioni che si trovano a non poter proseguire in queste aree i propri progetti di vita, sia che vi siano nati sia che vogliano venire da altrove.
Le aree interne lombarde sono attraversate da una straordinaria biodiversità senza la quale gli equilibri ambientali dell’intera regione sarebbero ancora più precari, e il suo futuro ancora più a rischio. Come ancora più precaria sarebbe sia la capacità del suo territorio di contribuire alla mitigazione del cambiamento climatico sia quella di adattarvisi. La scelta della tutela della biodiversità impone, come proposto dalla Commissione Europea, un “necessario cambiamento radicale” che non è più rinviabile. E che vede le aree interne lombarde in una posizione di forza rispetto alle aree urbane, ma anche di fragilità, se non le si dedicano la cura e l’attenzione sempre più necessarie.
Per conseguire questo futuro più desiderabile non basteranno le azioni locali alla scala di ogni singola area. Pur nella loro diversità, tali aree dovranno imparare a parlarsi e cooperare. Come dovranno ridefinire il proprio rapporto con le grandi aree urbane della regione, non per replicarne i modelli, ma per costruire una nuova relazione, fondata su una nuova interdipendenza. Inoltre, politiche pubbliche a tutti le scale, da quelle delle aree metropolitane a quelle nazionali, dovranno trasformarsi ed evolvere, sia per ridurre drasticamente i loro impatti negativi sulla traiettoria di queste aree, sia per lasciare che sviluppino, viceversa, le loro potenzialità. In questo quadro pur complesso, gli attori locali possono giocare un ruolo decisivo, e la costruzione di una strategia territoriale è da questo punto di vista un’occasione preziosa. Senza una più forte cooperazione fra tali attori ed una più forte integrazione delle politiche e dei progetti tale promessa rimarrà tuttavia disattesa: le aspettative delle nuove generazioni come lo spopolamento, la biodiversità come gli impatti del cambiamento climatico, non conoscono né tollerano confini comunali.
Questa agenda è stata redatta sulla base di una varietà di operazioni di ricerca – in particolare la redazione del ritratto territoriale del Lario Orientale-Valle San Martino e Valle Imagna a cura del gruppo di lavoro del Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano – e di quanto emerso dai due workshop con gli attori locali. I due incontri sono stati realizzati in collaborazione tra il gruppo di lavoro del Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano e gli uffici regionali. Il primo incontro – svoltosi a Olginate il 18 maggio 2023, (con circa 75 partecipanti) – ha avuto come obiettivo quello di una migliore definizione dei problemi, delle risorse e delle politiche e iniziative in corso. Il secondo incontro – svoltosi ad Almenno San Bartolomeo l’8 giugno 2023 (con circa 40 partecipanti) – ha avuto come obiettivo quello della individuazione di obiettivi e progetti della futura strategia. Coerentemente, il testo è organizzato in due parti: la prima presenta la traiettoria attuale dell’area e i rischi verso i quali la valle va incontro in assenza di nuovi e diversi interventi, la seconda presenta invece la traiettoria desiderabile articolata in tre possibili corsi d’azione per conseguirla.
L’agenda intende quindi restituire a chi opera sul territorio una visione possibile e alcuni modi per realizzarla. Si tratta di uno testo aperto, non esaustivo, che intende proporsi come strumento per il prosieguo del percorso di elaborazione della strategia d’area da parte degli attori locali.
La traiettoria attuale
Indice sottosezioni:
1.1 Problemi, risorse locali, rischi esogeni ed endogeni
L’area del Lario Orientale-Valle San Martino e Valle Imagna comprende un territorio complesso e articolato. A cavallo di due provincie - Lecco e Bergamo – l’area comprende componenti di sistemi territoriali diversificati: il sistema del lago; la Valsassina; l’Oggionatese; il Calolziese/Olginatese; l’Isola Lario Orientale e la Valle Imagna. La Valle Imagna è ulteriormente e di fatto suddivisa in due macro-ambiti: l’alta valle più periferica e la bassa valle con le maggiori centralità urbane. Il territorio è caratterizzato dalla presenza di un ricco e diversificato patrimonio costruito e ambientale, con caratteristiche specifiche e tratti comuni tra le due Valli: le fasce più prossime al lago di Lecco e le porzioni di mezza montagna, sia in Valle San Martino sia in Valle Imagna, presentano situazioni eterogenee di utilizzo del patrimonio, ma complessivamente un buono stato di conservazione.
Le dinamiche demografiche appaiono in controtendenza rispetto a diverse altre aree interne lombarde. Ad eccezione di alcuni comuni, l’area nel suo complesso ha registrato variazioni demografiche positive, riflettendo la tendenza della fascia pedemontana dei capoluoghi provinciali in cui la crescita di popolazione è stata costante nel tempo. Tuttavia, i processi di polarizzazione interna così come la polverizzazione insediativa impattano sull’amministrazione, e il funzionamento e la fornitura dei servizi essenziali (scuola, sanità, trasporto pubblico locale). Inoltre, importanti sono anche i fenomeni di pendolarismo verso i poli urbani vicini, tendenza questa che condiziona la tenuta e la qualità delle attività a supporto dell’abitare.
Sebbene l’area nel complesso non manifesti quindi particolari vulnerabilità demografiche, alcune categorie della popolazione risultano particolarmente fragili e troverebbero beneficio in iniziative specifiche e più diffuse a livello capillare nel territorio. Anziani e “grandi anziani” sono diventati una fascia molto vulnerabile a causa dell’indebolimento delle reti famigliari e di prossimità, che prima si facevano carico dell’assistenza. I giovani, invece, non sempre hanno accesso a servizi di qualità, presentando sempre più frequenti condizioni di disagio che colpiscono in particolare le cosiddette “seconde generazioni”. Diversi attori locali hanno segnalato inoltre, in particolare a seguito del Covid, l’acuirsi del bisogno di intervento sui temi della salute mentale. Complessivamente, si evince come manchi una risposta univoca d’area o di sub-area al problema dell’isolamento giovanile, anche prevedendo spazi di aggregazione o percorsi di accompagnamento nell’istruzione e nel lavoro.
Sul fronte sanitario, l’area denuncia una carenza di personale medico di base, condizione in linea con il resto del Paese. Le case di comunità rappresentano potenzialmente un’importante risorsa. All’interno di queste strutture polivalenti dovranno svolgersi sia funzioni d’assistenza sanitaria primaria, sia attività di prevenzione in raccordo con la rete delle farmacie territoriali. Inoltre, le case di comunità fungeranno da punto unico di accesso, accoglienza, informazione e orientamento del cittadino, operando in stretto contatto con le Centrali Operative Territoriali (COT).
La carenza di trasporto pubblico (specialmente in Valle Imagna) e la ridotta connettività digitale sono problemi rilevanti, particolarmente critici e diversamente percepiti dagli attori del territorio. Infatti, nonostante la presenza della linea ferroviaria, la gran parte degli spostamenti avviene su mezzo privato, con impatti ambientali in termini di congestione ed emissioni. Il tema della digitalizzazione è poi importante perché, insieme al trasporto, consente l’accesso a informazioni e servizi: specie per anziani e residenti di origine straniera, non è facile muoversi nella filiera dei servizi di welfare, per mancanza di reti adeguate tra soggetti e competenze digitali.
La “perifericità” dell’area è però percepita non solo in termini di accessibilità e di attrattività territoriale, ma anche in una minore presenza e prossimità di servizi alla popolazione, declinata in termini differenti nelle sue diverse porzioni. L’accesso alla casa è un aspetto critico. Nella fascia rivierasca del territorio, la destinazione d’uso a ricettività extra-alberghiera del patrimonio sta causando una progressiva riduzione delle abitazioni disponibili per i giovani sia in proprietà sia in affitto a vantaggio dei turisti. Questa dinamica ha un impatto importante non solo sulle famiglie già radicate nel territorio, ma anche su quelle categorie professionali che l’area fatica ad attrarre, anche in ragione delle poche opportunità abitative e dei canoni elevati.
Entrambe le valli si contraddistinguono poi per una buona capacità progettuale nell’ambito della conoscenza, conservazione e del riuso del patrimonio diffuso, che spesso ha portato al radicamento di iniziative con concreti risvolti di cura, crescita e di sviluppo. Tuttavia, anche nei casi in cui si sia assicurato il recupero del patrimonio, la dotazione dei servizi essenziali è cruciale perché queste iniziative possano – soprattutto nelle frazioni più isolate e distante dai Comuni capoluogo – essere efficaci e durature nel tempo. Questo aspetto viene anche legato alla diversità, tra nuclei e centri, dell’andamento demografico nell’area. Se è vero che il Lario Orientale, Valle San Martino e Valle Imagna non soffrono nel loro complesso di fenomeni di spopolamento, lo stesso non può dirsi se si guarda nello specifico alle zone più interne ed isolate: le frazioni lontane dal centro sono infatti sempre meno popolate in ragione della carenza delle reti di urbanizzazione primaria e delle difficoltà di approvvigionamento idrico, problematica, quest’ultima, aggravata dal cambiamento climatico in atto.
Il patrimonio costruito diffuso (piccoli centri storici, nuclei rurali) ha un forte legame con il paesaggio dell’area – caratterizzato da produzioni di qualità – composto da castagneti secolari, sistemi a pascolo maggenghi e terrazzamenti che, sebbene in alcuni casi parzialmente non più in uso, sono ad oggi elementi identitari e riconoscibili dell’area. La realtà del territorio è fatta anche di micro-allevamenti e di piccole produzioni gestite dagli agricoltori locali, ai quali fa capo di fatto l’attività di presidio e di salvaguardia ambientale. All’elevata e riconosciuta qualità dei prodotti del territorio fa tuttavia da contraltare un limite quantitativo: si tratta, in molti casi, di piccolissime aziende. A contrasto dei rischi a cui sono soggette le consistenti ed eterogenee risorse dell’area (e.g., avanzamento del bosco non coltivato; difficile manutenzione del costruito storico e scarsa accessibilità dei nuclei rurali; crisi idrica e climatica; spopolamento delle frazioni più isolate; perdita della biodiversità) sono in atto numerose iniziative e progetti volti alla conoscenza e tutela del territorio, anche attraverso interventi legati alla multifunzionalità dell’agricoltura.
Rispetto al tema del dissesto idrogeologico e delle vulnerabilità, nel percorso locale si è posto l’accento sul rapporto causa-effetto intercorrente tra la rivitalizzazione delle aree rurali e montane e il presidio del territorio che risulta fondamentale anche in termini di prevenzione. Alcuni Comuni dell’area – Abbadia Lariana, Mandello, Vercurago – sono particolarmente sensibili all’esposizione al rischio idraulico ed idrogeologico, data l’orografia peculiare che li interessa con la presenza di porzioni rivierasche, di mezza montagna e di collina.
Con riferimento alla specializzazione produttiva dell’area, i due settori principali sono quello manifatturiero e quello turistico che segue le vocazioni e le peculiarità delle due Valli che la compongono. L’area del lecchese ha tra i settori industriali trainanti quelli della lavorazione del ferro e del metallo, ma ha conservato una presenza anche in altri settori (e.g., plastica). Il settore tessile ha invece subìto una forte trasformazione, spostandosi dalla produzione – ormai in dismissione – al commercio. Due casi rilevanti del lecchese per il sistema economico produttivo sono quelli dei comuni di Olginate e Calolziocorte. Nel comune di Olginate si registra una generale crescita delle imprese, con richieste di costruzione di nuovi capannoni – anche per aree industriali di notevoli dimensioni – da parte di imprese manifatturiere e di illuminotecnica. Questa crescita genera alcune criticità rispetto al consumo del suolo, ma allo stesso tempo ha fino ad ora limitato il rischio di ulteriore delocalizzazione delle imprese. Al contrario, a Calolziocorte si assiste ad un processo di progressiva dismissione industriale – con circa 200.000 mq di fabbriche dismesse nel centro urbano, in particolare filande e raffinerie – a seguito di chiusure anche dovuti al mancato ricambio generazionale.
In riferimento alla parte bergamasca dell’area interna, la parte alta della Valle Imagna si fonda principalmente su artigianato e edilizia, mentre la bassa valle sull’industria, grazie ai migliori collegamenti infrastrutturali. In Alta Valle Imagna, l’artigianato si caratterizza per la presenza di imprese specializzate in settori di nicchia, come l’allestimento di navi e camper, aziende che progressivamente si stanno espandendo anche all’estero, registrando risultati buoni in termini di export. Anche il settore del legno caratterizza la Valle Imagna, con piccole e medie imprese a conduzione familiare che si stanno innovando con l’obiettivo di intercettare porzioni di mercato alla ricerca di prodotti di alta qualità.
Il panorama produttivo è dunque variegato: da un lato, vi sono aziende e settori che si dirigono verso una progressiva chiusura delle attività e, dall’altro, aziende e settori in crescita con bisogni crescenti di spazi e manodopera. Punto in comune dei diversi distretti industriali a manifatturieri è la diversificazione di attori responsabili e di competenze istituzionali, elemento questo che spesso rallenta processi di riqualificazione e rigenerazione nel caso di aree industriali dismesse o obsolete. Le aziende del territorio, in generale, sono però attente alle opportunità di finanziamento tramite bandi per cogliere le opportunità di innovazione e rimanere attive sul territorio. Tra le criticità che accomunano le due aree nel settore industriale e manifatturiero, diversi attori locali segnalano la carenza di infrastrutture stradali idonee e la difficoltà di reclutamento del personale specializzato.
La villeggiatura, che aveva conosciuto una forte crescita nel secondo dopoguerra, ad oggi si deve confrontare con cambiamenti strutturali: benché siano in atto progetti volti alla diversificazione del settore dell’accoglienza, numerose sono le strutture ricettive o le seconde case in disuso e sottoutilizzo, specialmente nella fascia di media montagna. Attualmente il turismo dell’area Lario Orientale-Valle San Martino e Valle Imagna si fonda sull’enogastronomia e sulle produzioni tipiche, anche se si assiste a una progressiva acquisizione delle filiere corte da parte di multinazionali non connesse al territorio. Anche il settore turistico lacustre si sta espandendo progressivamente ma, a differenza del lato comasco, si tratta di un turismo giornaliero e di prossimità. Fra gli attori locali emergono poi visioni contrastanti del modello turistico da perseguire: il consolidamento e potenziamento del turismo della montagna e delle seconde case, da una parte; l’investimento sull’offerta ambientale e culturale, anche fuori stagione, dall’altra. Si segnala inoltre l’assenza di una strategia unitaria di promozione, di un sistema turistico integrato, capace di coordinare l’offerta delle strutture ricettive, ora carenti, e il sistema del trasporto pubblico locale, che riguarda anche i visitatori. Alcuni attori locali lamentano l’assenza di un’immagine d’insieme, che sia capace di unire innovazione e valorizzazione del patrimonio ambientale, storico-archeologico, culturale locale, nonché personale qualificato a sostegno dell’offerta turistica.
Tra le potenzialità ancora parzialmente inespresse c’è un migliore utilizzo degli alpeggi che, insieme alla gestione del bosco, rappresenta ad oggi un settore che potrebbe creare nuove opportunità sia da un punto di vista occupazionale sia ambientale. Una criticità è rappresentata dal frazionamento fondiario: la gestione più efficace e il coordinamento di aziende nel settore forestale e degli alpeggi richiederebbe invece comparti rilevanti in termini di estensione. Diversi attori locali hanno evidenziato come, per garantire la manutenzione di questi patrimoni – ad oggi prevalentemente privati – sia necessaria la ridefinizione del ruolo dei proprietari e degli agricoltori, nonché la predisposizione di strumenti di supporto diversi e ulteriori rispetto alle indennità compensative.
1.2 Iniziative locali e politiche realizzate
Nel corso delle ricerche e dei workshop è emersa la rilevanza di alcune progettualità recenti, attivate o in corso, su differenti tematiche. Per rispondere all’incremento nel territorio di situazioni di disagio giovanile, alcuni attori del terzo settore hanno avviato percorsi dedicati (e.g., la creazione di strutture dedicate a pazienti provenienti dagli ospedali psichiatrici giudiziari o con misure di tutela giudiziaria o post REMS), altri si sono concentrati su iniziative dedicate all’inclusione e alla formazione (e.g., iniziative di orientamento; Job Pass), altre ancora ricerche statistiche sulla popolazione under-35 per conoscerne più da vicino esigenze e difficoltà.
Il territorio è anche molto attivo sul fronte dell’accoglienza migranti e inclusione della popolazione straniera. Tra gli anni Ottanta del secolo scorso e il 2004/2005 l’area ha registrato un importante afflusso di popolazione straniera, stimolata anche dai ricongiungimenti familiari e da percorsi di integrazione ad hoc per garantire l’alfabetizzazione e l’integrazione. Anche più recentemente, l’accoglienza di profughi ucraini ha rappresentato stimolo al rilancio di alcuni territori (e.g., Rota d’Imagna). Interessanti sono le iniziative che si pongono l’obiettivo di riqualificare il patrimonio pubblico inutilizzato (e.g., Calolziocorte), con l’istituzione di un polo multifunzionale comprendente una sede distaccata del Comune, alcuni ambulatori del medico di base e appartamenti di housing sociale da destinare a forme di residenza temporanea. Queste operazioni prevedono agevolazioni e incentivi, con lo scopo di avviare partenariati pubblico-privati capaci di garantire la sostenibilità dell’iniziativa nel medio-lungo periodo. Rispetto alla gestione e al riuso del patrimonio immobiliare pubblico non utilizzato, dal percorso locale emerge come, benché non sia ancora disponibile una ricognizione a scala vasta della disponibilità di immobili vacanti, alcuni Comuni dell’area si siano attivati per l’utilizzo del patrimonio pubblico per ospitare le associazioni e i volontari. Più difficile il riuso del patrimonio privato di vasta estensione in disuso: a questo proposito viene citato, come esempio, il comparto delle ex colonie inutilizzate, di più difficile gestione perché risulta problematico rintracciare le proprietà, spesso frammentate.
In altre porzioni di territorio sono state attivate alcune iniziative nell’ambito delle politiche abitative: alcune associazioni si propongono come garanti, specialmente per le categorie più fragili della popolazione, per assicurare che gli alloggi inutilizzati vengano dati in affitto a chi è in difficoltà, facilitando il processo di ricerca e assegnazione delle case. Tra le esperienze di trasformazione delle fabbriche in disuso in luoghi di aggregazione culturale il caso dello spazio-laboratorio OTO LAB è senza dubbio il più di successo, poiché la riqualificazione dello storico opificio ha permesso di riaprire lo spazio adibendolo a luogo di mostre e convegni.
Diversi sono i progetti di recupero e trasformazione funzionale del patrimonio costruito che non riguardano edifici singoli, ma interi nuclei o località: si segnala, tra gli altri, la rigenerazione della frazione di Camposirago (Comune di Colle Brianza). Benché la località sia isolata dal centro abitato con sede municipale e raggiungibile attraverso una sola strada di collegamento, un’attenta pianificazione dei servizi (depuratore per le acque; fibra ottica) e un programma articolato di interventi di riattivazione culturale hanno condotto a una ripresa di vitalità della frazione. Questa ha portato, negli anni, all’ottenimento di ulteriori finanziamenti (in ultimo, la linea B del bando “Borghi” PNRR).
Grazie alle linee di finanziamento regionali (l.r. 9/2020) sono stati effettuati interventi sul territorio e sulle infrastrutture, anche digitali, al fine di favorire la ripresa economica e fronteggiare la crisi e finanziamenti per le Comunità montane per interventi di sviluppo territoriale sostenibile, efficientamento energetico, rafforzamento delle infrastrutture indispensabili alla connessione internet. Sono state anche realizzate diverse politiche finalizzate allo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e all’efficientamento energetico, con particolare riferimento agli impianti e agli edifici delle PA e dell’illuminazione pubblica (Bando AxEL; Bando RI-GENERA; Bando Illumina).
Ulteriori linee di finanziamento regionali hanno interessato i Comuni montani dell’area. L’area beneficia delle strategie “Valorizzazione turistica delle valli prealpine della provincia di Lecco: Grigne, Valsassina e Pian dei Resinelli” (Lario Orientale -Valle S. Martino), “Valle Imagna 13.0: Vivere il Presente, Progettare il Futuro” (Valle Imagna), e “Valle Imagna: rigenerare per rigenerarsi tra tradizione e natura”.
Importanti i contributi per la manutenzione straordinaria e la realizzazione di nuovi tratti della rete escursionistica, della rete viaria di servizio alle attività agro-silvo-pastorali nonché di percorsi ciclopedonali e ciclabili (Bando Itinerari) e il progetto Transorobiche. Quest’ultimo si prefigge di collegare, attraverso una serie di interventi focalizzati sulla mobilità lenta, l’insieme dei territori lecchesi lungo gli itinerari in quota delle Orobie, collegando la città di Lecco con il Comune di Colico, attraverso un percorso alternativo alla viabilità di riviera, sulla base dei percorsi esistenti e degli interventi in fase di attuazione nell’area.
Ulteriori bandi regionali (Bando terrazzamenti 2020 e Bando Rifugi) hanno interessato interventi di sistemazione e di ripristino dei terrazzamenti e dei muretti a secco, elementi di sostegno all’agricoltura di montagna e qualificanti del paesaggio agrario, nonché interventi di prevenzione del dissesto idrogeologico, di ripristino colturale e di supporto all’apertura di rifugi lungo i sentieri.
1.3 Tendenze dell’area senza interventi
Lo scenario attuale vede confermata, in assenza di interventi, la forte polarizzazione della popolazione e dei servizi nel fondovalle, in particolare in alcuni centri interni all’area, come Malgrate, Calolziocorte-Olginate, Sant’Omobono e la bassa Valle Imagna, o esterni, come Lecco e Bergamo. È qui, infatti, che sono concentrati i servizi sanitari e educativi di scala sovra-locale, oltre ai luoghi della grande distribuzione commerciale. A risentirne sono soprattutto i centri minori in media valle, ma anche le frazioni dei poli, che sperimentano processi di spopolamento, desertificazione e abbandono del patrimonio storico. La ridotta accessibilità è una delle maggiori criticità della Valle Imagna, mentre il Lario Orientale e la Valle San Martino sono ben connesse con i poli vicini e con il polo milanese. La desertificazione del commercio locale e di prossimità, problema già in atto, porterebbe ulteriori forme di esclusione anche in porzioni di territorio che oggi non soffrono di questa dinamica. Inoltre, viste le implicazioni spaziali dei processi di accentramento e decentramento dei servizi e di accessibilità al mercato della casa, l’assenza di azioni strategiche da prevedere nel medio e lungo periodo per assicurare un adeguato livello di welfare nei territori che stanno progressivamente diventando più attrattivi porterebbe questi stessi territori a non offrire, in numero e qualità, i servizi necessari.
Questo processo di polarizzazione pesa significativamente sulla qualità della vita di alcuni gruppi sociali che, senza interventi, è destinata ulteriormente a peggiorare acuendo tensioni e distanza sociali. Nonostante le reti di comunità ancora presenti, infatti, le popolazioni più fragili, come anziani e giovani, si sentono spesso isolate, impossibilitate a spostarsi in modo autonomo ritrovandosi quindi in condizioni di perifericità. I servizi esistenti sono spesso di buona qualità, ma manca un coordinamento tra gli attori, dinamica questa che porta a sovrapposizioni oppure ad assenza di interventi su questioni e bisogni rilevanti.
Inoltre, gli attori del terzo settore segnalano sia di essere sono poco coinvolti in attività di co-progettazione e co-gestione sia una crescente difficoltà ad assicurare i livelli precedenti di attivazione del volontariato. A questo si aggiunge una situazione critica sul fronte del reperimento di personale sociosanitario. In assenza di interventi, questa tendenza potrebbe comportare nel medio periodo una caduta rilevante della quantità e qualità di servizi offerti nell’area.
Sul fronte produttivo, l’acuirsi di processi di dismissione in atto in alcuni comuni – con i relativi problemi di abbandono, inquinamento e incuria – e l’incremento del consumo di suolo in quelli attualmente attrattivi rischia di comportare, in assenza di interventi, nuovi processi di polarizzazione associati ad una dispersione e spreco di capitale territoriale. Inoltre, è necessario e urgente intervenire in una prospettiva di transizione verso processi produttivi più sostenibili e migliorare le prospettive lavorative dei giovani e degli stranieri. Infine, anche la turisticizzazione delle zone costiere – che contribuisce in modo decisivo ai problemi abitativi dell’area - e lo spopolamento degli abitati di più alta quota determina un rischio concreto di dispersione e spreco del capitale territoriale. Nonostante il buon livello di manutenzione del patrimonio collocato nelle zone più marginali, in assenza di interventi per l’uso sia residenziale (dove possibile) sia ecologico e ricreativo di queste aree e per il contenimento della turisticizzazione nelle aree costiere il rischio di un territorio impreparato ad affrontare sfide ambientali e climatiche è molto elevato.
La traiettoria desiderabile
Indice sottosezioni:
2.1 Introduzione
Nel testo che segue si presenta sinteticamente una possibile agenda strategica per l’area del Lario Orientale -Valle San Martino e Valle Imagna. L’agenda è organizzata in tre corsi d’azione capaci di orientare l’area verso una traiettoria maggiormente desiderabile nel medio e lungo periodo, rispondendo alle criticità e alle tendenze negative individuate in precedenza. La loro individuazione, come i loro contenuti, sono l’esito sia della raccolta dei bisogni degli attori locali, per come si sono manifestati nel corso degli incontri, sia delle analisi realizzate in precedenza dal gruppo di ricerca. Essi fanno leva non solo sullo sviluppo delle vocazioni territoriali già esistenti e radicate e sugli attori già presenti e attivi nel territorio, ma anche sull’attivazione di risorse scarsamente visibili e utilizzate, nonché sull’emersione di nuovi attori e il coinvolgimento di soggetti oggi operanti in altri territori. In questa prospettiva, grande attenzione va rivolta alla promozione di modelli e pratiche di governance che più efficacemente possano portare avanti una strategia integrata, unitaria, condivisa per l’intera area interna: la gran parte dei problemi e delle opportunità discusse, infatti, non possono essere trattati alla scala di un singolo Comune, di qualsiasi dimensione esso sia. Le Comunità Montane sono riconosciute come attori importanti da numerosi soggetti locali e sono gli enti che meglio potrebbero governare il processo di coinvolgimento degli attori locali, la definizione dei progetti, e la loro attuazione e gestione. Più complessivamente, è fondamentale che i soggetti pubblici, a vari livelli, collaborino con il mondo associativo, cooperativo e del Terzo settore che già opera attivamente sul territorio e che, oltre a conoscere i bisogni dei cittadini, potrà anticiparne le richieste, partecipando attivamente alla programmazione e alla progettazione di politiche e interventi. Si auspica, dunque, l’attuazione di un processo di co-progettazione inclusivo, che preveda momenti di discussione e partecipazione pubblica, in continuità con il percorso locale per la definizione di questa agenda condotto da Regione Lombardia e DAStU – Politecnico di Milano. Particolare attenzione dovrà essere riservata alla partecipazione di gruppi sociali che con maggiore difficoltà partecipano alle decisioni a livello locale: infanzia, adolescenza, residenti di origine straniera, residenti a basso reddito, abitanti dei territori più marginali.
2.2 Tre possibili corsi d’azione
2.2.1 Nuove politiche abitative e una dotazione dei servizi più equa
Come abbiamo visto, il nesso fra condizioni abitative e offerta di servizi locali rappresenta il cuore di un insieme rilevante di problemi che riguarda diversi gruppi sociali e contesti territoriali all’interno dell’area.
Il primo corso di azione interviene su tale nesso e propone di:
- promuovere una strategia integrata per l’abitare alla scala dell’intera area con l’obiettivo di migliorare le condizioni abitative di lavoratrici e lavoratori essenziali, di gruppi sociali particolarmente vulnerabili e degli anziani. Tale strategia dovrebbe fare leva sulla riattivazione sia del patrimonio pubblico sia di quello privato, attivando al contempo servizi e attività di sostegno alle persone. Una prima linea d’azione potrebbe essere la mappatura del patrimonio pubblico sottoutilizzato – compresi i comparti di edilizia residenziale pubblica presenti (ERP) immaginando progetti di riqualificazione e riconversione abitativa di edifici abbandonati ed in disuso anche nei centri storici per realizzare un’offerta residenziale di qualità e a canoni calmierati. Da ultimo, sul modello delle agenzie per l’affitto, tale strategia potrebbe prefigurare la creazione di un attore sovra-comunale impegnato nella mappatura permanente delle opportunità di riutilizzo abitativo anche nel patrimonio privato, nell’offerta di informazione e sostegno a proprietari disponibili a rimettere immobili sul mercato, nel supporto ai gruppi sociali più vulnerabili nell’accesso anche attraverso forme di garanzia e sostegno economico. Il canone concordato – e le relative forme di incentivazione – potrebbe rappresentare uno strumento rilevante. In questo quadro, una particolare attenzione deve essere riservata alla condizione abitativa degli anziani, sia nello sviluppo dei citati nuovi progetti abitativi sia attraverso l’ideazione di nuove forme di sostegno che rendano possibile una più duratura permanenza degli anziani presso il proprio domicilio, attraverso ad esempio schemi di incentivazione per l’adeguamento dell’ambiente domestico.
- Promuovere spazi e percorsi di aggregazione e partecipazione per le giovani generazioni e in particolare per adolescenti e preadolescenti – anche attraverso forme di co-progettazione e di partecipazione diretta dei futuri utilizzatori alla progettazione degli spazi e delle attività. Questa linea di azione, affinché sia strategica, dovrebbe prevedere un coordinamento d’area per individuare quali attività – spazi per la produzione culturale, per lo sport, per la ristorazione sociale – e tipi di spazi sviluppare e in quali luoghi. Particolare attenzione in questo senso andrebbe riservata a immobili dismessi con buona accessibilità ed alla messa in rete degli spazi esistenti già oggi esistenti quali istituti scolastici, biblioteche, attrezzature sportive, centri di ascolto. A tal proposito si potrà valutare l’apertura degli edifici scolastici al di fuori dall’orario di lezione, prevedendo in qualunque caso un idoneo trasporto pubblico, e la progettazione di servizi a supporto della permanenza quali il servizio di mensa, per permettere ai ragazzi di fermarsi l’intera giornata. L’aspetto della partecipazione diretta al disegno di spazi e attività da parte di ragazzi, ragazze e giovani adulte e adulti nonché alla loro gestione è un aspetto qualificante. Si possono immaginare diversi strumenti, da questo punto di vista: dalla co-progettazione degli spazi a forme di bilancio partecipativo d’area riservato alle giovani generazioni.
- Sviluppare l’offerta di servizi per i bambini 0-3 anni anche in una prospettiva di conciliazione a sostegno della partecipazione al lavoro e della qualità della vita in particolare delle donne che, molto di frequente, devono oggi fare fronte a un carico di lavoro familiare insostenibile. È fondamentale in questa prospettiva una programmazione alla scala dell’area, considerati gli squilibri nell’offerta e nella domanda che oggi si registrano fra i diversi comuni e le difficoltà della mobilità. L’apertura dei servizi non solo ai residenti ma anche ai lavoratori può anche rappresentare un incentivo a considerare proposte di occupazione nell’area, intercettando flussi di spostamento casa-lavoro. Si possono valutare progetti per la fascia 0-3 a integrazione alle scuole dell’infanzia, anch’esse generalmente di piccole dimensioni, secondo il modello dei poli educativi. Particolare attenzione dovrà essere posta all’integrazione degli studenti stranieri, a cominciare dall’educazione dell’infanzia, la cui partecipazione è spesso limitata e che si rivela decisiva anche per contrastare i divari di genere cui sono esposte in misura particolare le donne di origine straniera. In questo senso, può essere utile offrire servizi di sostegno alla genitorialità, corsi per neomamme, corsi di italiano per le donne, lavorando con i Consultori, le realtà del Terzo settore e i centri religiosi.
- Promuovere un tavolo d’area permanente sulla salute tra comuni, operatori della sanità pubblica e delle politiche sociali, del terzo settore per facilitare la moltiplicazione dei punti di accesso e di servizio e la loro co-progettazione, riducendo al contempo la competizione tra i due sistemi, specie in ambito lavorativo. Il settore sociosanitario è importante per il lavoro e l’economia locale, specie per l’occupazione femminile, da potenziare a livello di formazione specialistica e verso il quale investire specifiche risorse, come borse di studio e sussidi. Le azioni del Tavolo potranno essere sperimentate innanzitutto in media valle, per andare poi a estendersi a tutta l’area interna. Fra queste, è possibile immaginare la promozione di figure di intermediazione a sostegno delle famiglie, come il maggiordomo rurale, la badante e la babysitter di comunità, attraverso corsi di formazione, la predisposizione di piattaforme di reclutamento e incontro tra domanda/offerta, il coordinamento dei diversi servizi di trasporto sociale. In particolare, in vista del futuro consolidamento della Casa di Comunità di Sant’Omobono Terme sarà necessaria la promozione di una strategia territoriale che affronti i temi fondamentali del sostegno all’accesso ai servizi – sia in forma digitale, sia in forma fisica presso i servizi o a domicilio - in particolare per i gruppi sociali più fragili.
2.2.2 Un territorio produttivo sostenibile e adattivo: formazione, innovazione, inclusione lavorativa, insediamenti d’impresa
Il secondo corso d’azione agisce sul piano della formazione, dell’innovazione e l’organizzazione territoriale delle imprese al fine di avviare un modello economico più sostenibile e diversificato. In particolare, questi i possibili corsi d’azione:
- La promozione di una strategia unitaria di governo delle aree produttive che promuova la cooperazione fra i comuni assicurando un migliore utilizzo del capitale fisso – immobili, aree attrezzate – già esistenti, il contrasto del rischio di delocalizzazione delle imprese e l’arresto del consumo di suolo. Tale strategia potrebbe proporre le aree produttive ecologicamente attrezzate quale modello di rigenerazione degli insediamenti produttivi esistenti, che includa un ripensamento dei sottoservizi e delle infrastrutture di logistica, la riprogettazione degli spazi privati delle imprese, la definizione di un regolamento edilizio condiviso a scala sovra-comunale, come sperimentato nelle Langhe. Un’attenzione specifica dovrebbe riguardare i temi della mitigazione e dell’adattamento al cambiamento climatico e la transizione verso modelli maggiormente circolari di uso delle risorse anche con la creazione di comunità energetiche. Forme di incentivazione al riuso del patrimonio esistente dovrebbe facilitare questi processi. Allo stesso tempo, questa strategia dovrebbe indicare le aree viceversa da avviare a dismissione e bonifica, attraverso la rinaturalizzazione, il ripristino ambientale e la rigenerazione dei luoghi più rilevanti dal punto di vista delle identità locali che potrebbero aprirsi, a usi sociali e a forme di turismo culturale e sostenibile.
- La promozione di un nuovo partenariato locale fra imprese, organizzazioni sindacali, istituzioni formative ed amministrazioni comunali finalizzato al contrasto della dispersione scolastica, a una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro ed al miglioramento delle condizioni di lavoro potrebbe rispondere ad una varietà di problemi rilevanti emersi nel corso degli incontri locali. Condividendo una nuova analisi dei bisogni, delle criticità e degli strumenti fino ad oggi impiegati per rispondervi, tale partenariato potrebbe rappresentare una significativa leva di integrazione del territorio nel suo complesso. Un primo fuoco dovrebbe essere il contrasto alla dispersione scolastica, attraverso il rafforzamento degli attori esistenti e la maggiore strutturazione di percorsi di sostegno a giovani a rischio. Il rafforzamento dell’ufficio di servizi al lavoro, un maggiore coinvolgimento dei servizi sociali e delle scuole nel segnalare casi critici, l’attivazione di forme di educativa di strada e di offerta di iniziative culturali innovative (vedere anche il precedente corso d’azione) che vedano anche l’attivazione diretta dei giovani potrebbero essere parte di questa linea di lavoro. Un secondo fuoco dovrebbe riguardare la trasformazione del sistema produttivo locale con l’obiettivo di una migliore capacità di trattenere giovani qualificati sul territorio. Per fare questo è necessario, tuttavia, attivare progetti e iniziative capaci di puntare sull’innovazione delle produzioni esistenti, nel quadro della transizione ecologica e digitale, in una misura e una forma tali da risultare attrattive nei confronti di giovani qualificati. La promozione di attività di orientamento scuola-imprese, rendendo le imprese partner del mondo della formazione potenziando e qualificando gli strumenti già in essere dell’alternanza scuola-lavoro e dell’apprendistato. Gli ITS potrebbero sviluppare percorsi e attività collaterali in sinergia con le aziende ma anche innovare le attrezzature e le competenze interne. Anche i poli universitari limitrofi - Lecco e Bergamo – potrebbero svolgere un ruolo attivo a riguardo. Questa linea di lavoro sarebbe finalizzata anche a conferire una rinnovata dignità e visibilità sociale al comparto tecnico e professionale dell’istruzione che necessita di azioni decisive per rilanciarne desiderabilità, riconoscimento sociale e qualità. Infine, un terzo fuoco potrebbe insistere su percorsi di re-skilling e di up-skilling per i lavoratori già inseriti nel mercato del lavoro, anche attraverso la sensibilizzazione dell’importanza dell’acquisizione di nuove competenze. In particolare, percorsi formativi ad hoc dovrebbero essere previsti per i lavoratori nei settori industriali, produttivo e dell’istruzione, al fine di aggiornare questi comparti alle sfide poste dal territorio e dal mercato del lavoro. Infine, l’avvio di percorsi di formazione per individuare il personale specializzato oggi carente, anche attraverso partnership che guardino oltre i confini dell’area e mettano in relazione non solo imprese e istituti scolastici ma anche associazioni ed enti che promuovono l’inclusione lavorativa di persone fragili.
2.2.3 Presidio e coesione del territorio: verso una cura integrata e sostenibile del patrimonio costruito e naturale
Come abbiamo visto, l’area interna del Lario Orientale, Valle San Martino e Valle Imagna hanno un ricco patrimonio ambientale e culturale, con tratti comuni tra le due valli e con caratteristiche specifiche. Tali patrimoni devono e possono essere attivati per migliorare sia l’accessibilità per le persone sia la biodiversità. Il terzo corso di azione interviene in questa direzione e propone di:
- Sperimentare un reddito di cura del territorio. Tale reddito potrebbe essere orientato al sostegno di diverse progettualità: il maggiore sostegno – anche attraverso la nuova programmazione del FEASR alle piccole produzioni di montagna di orientamento agro-ecologico capaci di generare maggiore cura del territorio, la maggiore integrazione fra usi turistici e ricreativi e del territorio ed il ricorso alla produzione agricola locale, la promozione di nuove forme di imprenditorialità tese all’adattamento ai cambiamenti in atto o emergenti, la creazione di reti fra le imprese (e.g. la crisi climatica e idrica). Fondamentale da questo punto di vista l’attivazione contestuale di percorsi di formazione per la costruzione di capacità e competenze, anche in forma continua. I percorsi di formazione e aggiornamento dovranno essere articolati per rispondere alle esigenze e alle sfide attuali e potenziali: da un lato, percorsi formativi legati all’innovazione nel settore agricolo (e.g. competenze specifiche relative alle fonti rinnovabili, compostaggio, gestione e implementazione delle tecniche di coltura, agricoltura 4.0 e filiera corta); dall’altro, percorsi formativi dedicati alla multifunzionalità dell’agricoltura, alla cura, valorizzazione e promozione del territorio e dei prodotti locali (e.g. agriturismo, centri di educazione ambientale). Questo ultimo punto può essere una leva verso l’inclusione lavorativa e sociale di soggetti più fragili.
- Promuovere politiche di cosiddetto local procurement – ovvero il ricorso a produttori locali per gli acquisiti organizzati di istituzioni e imprese – da parte di istituzioni e imprese del territorio che gestiscono servizi di ristorazione. La promozione di un forum del consumo locale alla scala dell’intera area – partecipata da istituzioni locali e gli altri attori citati – potrebbe rappresentare un utile momento di avvio nel corso del quale fare il punto delle iniziative in corso e che si possono ulteriormente sviluppare, condividere dati e informazioni di base riguardo al potenziale di mercato dei prodotti locali. Questo implica un impegno a sperimentare nuove forme di sostegno alle produzioni autoctone come il mais Scagliolo di Carenno, la pecora brianzola, le varietà castanicole locali, anche attraverso formule capaci di migliorare la comunicazione dentro e fuori l’area della loro importanza. Avviare percorsi di maggiore strutturazione – anche in cooperativa – dei piccoli operatori locali che si occupano di manutenzione e salvaguardia della biodiversità, così da garantirne la partecipazione a bandi e il giusto riconoscimento.
- Garantire una dotazione adeguata di micro-servizi (anche temporanei o mobili) nei nuclei rurali e di montagna, permettendone l’abitabilità stagionale o permanente. Importante sarà anche intervenire sul sistema fognario e sull’approvvigionamento idrico attraverso modelli più sostenibili che tengano in considerazione l’attuale cambiamento climatico. Avviare accordi di partenariato tra comuni e associazioni e/o privati per il recupero, la promozione e la gestione del patrimonio storico-culturale (sul modello del Comune di Colle Brianza), affidando in concessione alcuni immobili a fronte dell’impegno di recuperare e manutenere il patrimonio storico-artistico. Il riuso di una parte del patrimonio pubblico dismesso o sottoutilizzato per la promozione sia di punti di riunione e distribuzione di gruppi di acquisto solidale sia di botteghe multifunzionali di prossimità;
- La ridefinizione di un possibile ruolo per il patrimonio pubblico dismesso – in particolare scolastico – in particolare in Valle Imagna – che riguardi non solo gli usi abitativi suggeriti nel primo corso d’azione. La conversione di parte di questo patrimonio in progetti di ospitalità ricreativa sia per famiglie sia per specifici gruppi sociali – bambini e adolescenti, anziani, persone inserite in percorsi di cura – potrebbe rappresentare una possibile strada per un riutilizzo sostenibile di questo patrimonio e capace di fare leva sulla prossimità delle grandi aree urbane dove, specie in estate, si concentra una notevole domanda inespressa di ricreazione in buone condizioni climatiche
- Potenziare, integrare e articolare in modo capillare della rete di percorsi a fruizione “lenta” – ciclabili, sentieri, cammini – nell’area, anche a partire dalle iniziative già realizzate, e non esclusivamente a fini turistici ma anche di mobilità dolce all’interno dell’area e con una particolare attenzione all’intermodalità delle reti TPL, ciclabili e cammini. Nella prospettiva di una maggiore connessione e coesione del territorio sarebbe auspicabile che i Comuni possano “fare rete” e confrontarsi periodicamente sui progetti, anche con il supporto delle due Comunità Montane e dei rispettivi GAL.
La natura strategica dell’Agenda
Indice sottosezioni:
I corsi d’azione indicati hanno una natura strategica per una varietà di ragioni. La prima risiede nell’affrontare la disponibilità di soluzioni abitative e di servizi locali quale strumento critico per migliorare la capacità dell’area a trattenere e attrarre popolazione in età attiva, che appare decisiva per la preservazione dei servizi essenziali. La seconda ragione risiede nell’affrontare il nesso complesso fra specializzazioni produttive locali, sostenibilità, formazione e inclusione lavorativa di alcuni gruppi sociali che è emerso come rilevante durante il percorso locale e dal quale dipende la capacità dell’area di contrastare contestualmente processi di periferizzazione nei confronti di aree più forti e di polarizzazione sociale al suo interno. Infine, la terza ragione risiede nell’affrontare uno dei problemi più difficili seppur decisivo per gli equilibri complessivi del territorio, ovvero la riduzione nei livelli di uso delle terre più alte e delle aree più marginali proprio allorquando il loro ruolo diventa sempre più importante nella prospettiva della resilienza ai cambiamenti climatici. Queste tre leve proposte nell’agenda sono, come evidente, fortemente sinergiche. Dal punto di vista della distribuzione dei benefici sociali e territoriali, l’agenda propone di concentrare gli sforzi in direzione di specifici gruppi sociali ed alcuni contesti. Gli anziani che abitano in località periferiche, i bambini, i giovani dall’adolescenza alla fase di transizione dall’istruzione all’occupazione, le donne soggette a elevati carichi di cura e meno partecipi del lavoro, i nuclei familiari in età attiva hanno centralità nell’agenda sia per ragioni di equità sia per ragioni di efficacia degli interventi nel rendere possibile una flessione desiderabile della traiettoria dell’area.