Politiche / Istituzioni, governance e partecipazione
Strumenti attuativi: bilancio partecipativo
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2023 — Le Madonie, Sicilia
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- Singoli cittadini
- Giunte comunali
- Uffici comunali
- Amministrazioni territoriali
- Enti di gestione di infrastrutture
- Facilitatori
Il bilancio partecipativo è uno strumento di coinvolgimento della popolazione interessata nella gestione delle risorse economico/finanziarie a disposizione di una certa collettività, tipicamente una città o un municipio, in relazione al territorio di competenza. Il suo uso si è affermato alla fine degli anni ’80 in alcune grandi città del Brasile e si è successivamente diffuso a livello mondiale, incontrando un notevole successo in contesti sociali e politici anche molto diversi da loro.
La sua applicazione è caratterizzata da una grande varietà in termini metodologici, di approccio, di finalità perseguite e di modalità attuative. Alcuni studiosi hanno proposto di fare ricorso ad alcuni criteri metodologici per orientarsi tra i processi partecipativi che praticano i principi del bilancio partecipativo e quelli che si limitano a utilizzarne l’etichetta:
- Effettiva presenza di risorse finanziarie di cui discutere la destinazione;
- La relazione tra un ente di governo locale e l’insieme della comunità insediata;
- La continuità e la durata nel tempo del processo;
- Gli effettivi meccanismi e spazi decisionali agibili da parte dei cittadini;
- La presenza di forme di rendicontazione e monitoraggio rispetto agli impegni assunti.
Finalità
Si possono riconoscere due macro-finalità a questo strumento. Da un lato, si tratta di aumentare l’efficienza degli investimenti sul territorio, introducendo valutazioni da parte della popolazione direttamente interessata che sfuggono in molti casi alla sensibilità degli uffici tecnici e di pianificazione.
Dall’altro lato, si tratta di incentivare il senso civico e il riconoscimento nelle istituzioni locali da parte della popolazione, e di favorire il mantenimento e la crescita dei legami sociali all’interno della comunità.
Le esperienze di bilancio partecipativo avviate nelle città brasiliane comprendevano anche un forte riferimento a finalità di giustizia sociale e di redistribuzione sociale e territoriale degli investimenti locali, in quanto il processo partecipativo vedeva una forte presenza delle categorie sociali più svantaggiate. Inoltre, quel processo si svolgeva nel momento storico successivo alla caduta di un regime autoritario e all’apertura di nuovi spazi democratici nella società brasiliana.
Nelle esperienze sviluppatesi in Europa e in Italia questo aspetto si è affievolito mentre si è consolidato un ruolo dei bilanci partecipativi per promuovere una coscienza civica e come strumento di rinnovamento del legame tra istituzioni e cittadini.
Inoltre, nella sua accezione più estesa, lo strumento del bilancio partecipativo si rivolge anche ai temi dello sviluppo locale e della discussione sugli orientamenti strategici che sottendono le scelte di bilancio, sottraendo in questo modo la discussione sugli investimenti locali a un ambito esclusivamente tecnico-burocratico.
Attuazione nelle aree interne
Lo strumento del bilancio partecipativo non riguarda, in principio, solo le aree urbane; esso si rivolge anche alle zone rurali, riconoscendone le peculiarità in merito alla situazione geografico-insediativa, alle necessità infrastrutturali e alle pratiche informali di scambio socio-economico.
In Italia si possono contare alcuni esempi di bilancio partecipativo svolto in aree interne sin dalla prima fase di diffusione dello strumento, ad esempio il Comune di Borbona in provincia di Rieti (esperienza sostenuta da una politica in materia attuata dalla Regione Lazio nel periodo 2005-2010).
La diffusione dei bilanci partecipativi in Italia ha seguito un andamento crescente dall’inizio degli anni 2000 fino alla crisi economica del 2008 e ha visto in seguito un calo delle esperienze attive. In seguito, a partire dal 2014, si riscontra un ritorno di interesse per questo strumento, che ha riguardato soprattutto le grandi città, ad esempio Bologna e Milano.
Tuttavia, si rilevano diversi casi significativi di utilizzo del bilancio partecipativo anche in territori di aree interne, in particolare nel quadro di politiche regionali che hanno adottato una legislazione specifica sulla partecipazione e che hanno attivato organi tecnici dedicati, ad esempio in Toscana e in Emilia-Romagna.
Esperienze
In Toscana, nel quadro delle misure di sostegno previste dalla Legge Regionale 69/2007, negli anni 2009-2010 si è svolto un ciclo di bilancio partecipativo promosso dalla Comunità Montana della Mediavalle del Serchio, che ha riguardato alcuni rilevanti capitoli di spesa del Comprensorio di Bonifica omonimo.
La relazione annuale dell’Autorità regionale per la Partecipazione della Toscana indica un duplice obiettivo dell’iniziativa: da un lato, “migliorare la conoscenza sulle attività di bonifica … creando un circolo virtuoso che limiti le conflittualità, i contenziosi e l’evasione del tributo”; dall’altro, “far decidere i cittadini/contribuenti del comprensorio sull’allocazione di una parte di risorse finanziarie del bilancio”.
Tra le esperienze più recenti o attualmente in corso, è possibile individuare almeno due casi di bilancio partecipativo tra quelli censiti nell’Osservatorio partecipazione Emilia-Romagna, sostenuti attraverso la Legge Regionale 15/2018, che riguardano territori di cintura o classificati come aree interne (secondo la metodologia SNAI aggiornata al 2020).
Il primo è quello di Vigolzone, nel piacentino, dove si sono svolti tre cicli di bilancio partecipativo tra il 2017 e il 2020, e dove sono stati anche attivati diversi patti di collaborazione (vedi scheda) per la gestione di spazi comuni. Il secondo è quello di Vignola, nel modenese, dove è attualmente in corso il quarto ciclo di bilancio partecipativo e dove sono stati anche attuati percorsi dedicati di bilancio partecipativo per le scuole del territorio.
Raccomandazioni
In molti discorsi sia tecnici che politici si tende ancora a contrapporre i processi partecipativi all’efficienza delle politiche, andando però in contraddizione con gli orientamenti ormai consolidati presso gli organismi internazionali, con i dispositivi di attuazione dei fondi di investimento europei, e con le opportunità aperte dalla Costituzione italiana stessa con la riforma del Titolo V del 2001.
Il bilancio partecipativo può rappresentare allora un valido strumento per “aumentare l’intensità democratica delle nostre democrazie”, per citare lo studioso Giovanni Allegretti, nella misura in cui sono presenti anche volontà politica, capitoli di spesa consistenti, tessuti sociali pronti a mettersi in gioco, e disegno accurato dei processi partecipativi.
Inoltre, i momenti partecipativi non devono limitarsi alle fasi di deliberazione e di co-decisione, ma devono estendersi anche alle fasi di monitoraggio e valutazione sociale d’impatto.